Il Ventennio lungo le cartoline
Così un ragazzo delle elementari scriveva negli anni Venti su una delle infinite cartoline che riproducevano l'immagine del duce, formando un immenso e largamente inesplorato deposito iconografico per la conoscenza di quel periodo. Negli ultimi anni, quando, sulla scia delle ricerche di Renzo De Felice, lo studio del fascismo ha comniciato a uscire dalle contrapposizioni ideologiche del dopoguerra, anche le immagini del ventennio hanno ottenuto nuova attenzione da parte degli storici, in particolare le fotografie, utilizzate per delle vere e proprie storie fotografiche del fascismo o per biografie di Mussolini. Ma le foto rappresentano solo un tassello dell'immaginario visivo con cui aveva a che fare l'italiano del ventennio. Un altro tassello, assai meno studiato, è costituito dalle cartoline: un genere oggi in declino, ma in quegli anni ancora largamente popolare. A fornirci uno studio sistematico e aggiornato di questa fonte preziosa è Enrico Sturani, al quale si deve un ricchissimo volume (dal punto di vista iconografico) che esce in questi giorni; un volume che unisce alla bellezza delle immagini un apparato di ricerca storica, sociologica e antropologica, quale solo uno studioso che da trent'anni si occupa del "fenomeno cartolina" avrebbe potuto dare («Le cartoline per il duce», Edizioni del Capricorno, 220 pagine, 45 euro). Dal libro di Sturani scopriamo molte cose che ignoravamo. Anzitutto che la cartolina, dopo il boom degli anni della prima guerra mondiale, quando collegava trincee e famiglie, diventa un genere diffuso più tra i ceti medi che tra il popolo. Ma quei ceti medi, formati da alcuni milioni di persone, sono proprio i maggiori sostenitori del regime e nella cartolina come «oggetto di lusso», trovano una forma di collezione estremamente appagante. Scopriamo anche che l'immensa produzione di quegli anni, nella quale Mussolini occupa un posto assolutamente preponderante, non è affatto pilotata o gestita dall'alto. È del tutto spontanea e tollerata con qualche sospetto dal partito. Nasce in primo luogo da esigenze di mercato («Mussolini si vende») e da una rincorsa tra artisti, organizzazioni sociali, imprese, società, associazioni d'arma e quant'altro per esibire la propria sigla con una immagine del duce (o con la semplice M della sua iniziale) in una delle infinite pose che la propaganda consentiva di attribuirgli. Scopriamo infine che la cartolina non è un semplice mezzo illustrativo, ma rappresenta anche un «buco della serratura attraverso cui vedere la storia». Un buco della serratura, certo, rispetto ai grandi eventi, alla politica scritta, ai discorsi e così via, ma comunque un approccio che consente forse meglio di altri di entrare nello stato d'animo di quei milioni di persone che si presentavano disciplinatamente , e per lo più spontaneamente, alle adunate con lo stesso spirito con cui collezionavano le cartoline del duce. Era il consenso diffuso che De Felice ha riportato alla luce».