di TURI VASILE ALL'INIZIO degli anni Quaranta il Teatroguf (Gruppi Universitari Fascisti) ...
La nostra battaglia ebbe anche uno sfogo nell'andare goliardicamente a fischiare, con qualche più tardi riconosciuta ingiustizia, le prime delle commedie «digestive» equivalenti ai film dei «telefoni bianchi» di allora. Ci parve, perciò, che Ugo Betti, nostro autore preferito, ci avesse un po' traditi con le sue commedie rosee «Una bella domenica di settembre», «I nostri sogni», «Il paese delle vacanze», che tanto successo di pubblico raccolsero soprattutto con la interpretazione della compagnia «Tofano-De Sica-Rissone». Fu dunque per una specie di rivalsa che scegliemmo di rappresentare «Frana allo Scalo Nord» scritta nel 1932 e portata sulle scene con scarso esito, nel 1936, dalla compagnia «Palmer-Almirante-Scelzo». Così, la sera del 17 marzo 1942 debuttammo al Teatro Ateneo con quell'opera che a una revisione critica doveva essere riconosciuta come una svolta fondamentale nella drammaturgia bettiana. Regista ne fu Gerardo Guerrieri, finissimo cultore di teatro al pari di Ruggero Jacobbi nostro fiore all'occhiello, e tra gli interpreti figurò eccellentemente Giulia (non ancora Giulietta) Masina. La scena, molto suggestiva, fu creata da Hugo Blaettler (nella foto), allievo di Appia, rappresentante della corrente architettonica nella nostra compagine nella quale era presente anche una corrente pittorica unidimensionale dovuta al celebre futurista Enrico Prampolini in veste di scenografo. Lo spettacolo fu molto apprezzato dalla critica e dallo scelto pubblico che ci frequentava. Con «Frana allo Scalo Nord» Betti non solo sprovincializzava la nostra drammaturgia e sceglieva il processo come una delle forme più congeniali al teatro, ma interpretava allegoricamente il malessere inconfessato delle generazioni del tempo. Dubito, per la verità, che noi giovani fossimo del tutto consapevoli del carattere dell'opera, eversivo del regime, in parte fuorviati dall'ambientazione e dai nomi dei personaggi in una dimensione vagamente mitteleuropea, pur allusiva a un occhio più attento. Nel corso di una indagine giudiziaria per un incidente sul lavoro, si allarga il cerchio delle responsabilità fino a trascinare in un vortice persino gli stessi inquisitori, Il muro che Betti, magistrato qual era, erge, invalicabile alla giustizia umana, persuade il giudice a invocare la pietà per tutti. Il tema del coinvolgimento della magistratura nel dilagare della corruzione ambientale verrà ripreso in forma più esplicita nel 1944 con Corruzione al Palazzo di Giustizia, accolta con grande consenso dal pubblico e dalla critica. La dirompente forza poetica di Frana allo Scalo Nord resterà tuttavia insuperata. Per questo è da ritenere meritoria l'iniziativa del Liceo Classico «Giacomo Leopardi» di Macerata di mettere in scena, in occasione di un «incontro con Ugo Betti», quell'opera dimenticata e oggi più attuale che mai. Il convegno si svolgerà nei giorni 9 e 10 maggio prossimi con relazioni di Giorgio Pullini, Federico Doglio, Franco Musarra, rispettivamente delle università di Padova, Roma e Lovanio, del critico letterario Renato Bertacchini e dello storico del teatro Giovanni Antonucci. La manifestazione va particolarmente segnalata per il doveroso recupero della memoria di un grande drammaturgo italiano del Novecento, secondo solo a Pirandello.