Tra arte e politica nessun dialogo

Da questo divertente e allusivo modo di dire e di scherzare, Mario Vargas Llosa ha tratto il titolo del suo nuovo romanzo, che in Italiano dovrebbe essere, secondo i progetti della Einaudi che lo manderà in libreria, Il Paradiso ai quattro cantoni e in spagnolo suona così: «El Paraìso en la otra esquina. Lo scatto iniziale dal quale lo scrittore peruviano ha tratto il titolo e argomento, è tutto concentrato nella vicenda fra Flora Tristan e il grande artista Paul Gauguin, una storia che serve all'autore per centrare il problematico scontro fra impegno sociale e libertà creativa, due momenti di un'equazione difficilmente risolvibile. E l'interesse di fondo del romanzo consiste proprio nella difficile conciliabilità, che se da un canto serve a stabilire l'universo dei caratteri e dei comportamenti dei due, dall'altro amplifica il problema e lo sviluppa anche autobiograficamente, se pensiamo che Vargas Llosa ha partecipato alle elezioni presidenziali del suo paese, qualche anno fa, uscendone sconfitto ma ancora battagliero. Il nuovo romanzo, in perfetta coerenza con altre prove narrative di Vargas Llosa pur dedicate a difformi argomenti, vuol porre in luce ed evidenza in quale misura l'estro creativo disobbedisce al calcolo politico, e al contempo dimostrare come invece i sentimenti, gli affetti, gli innamoramenti, riescano a cancellare la logica un po' perversa del calcolo. Ma vediamo di accostarci al personaggio femminile, a questa Flora che apre gli occhi alle quattro del mattino dell'aprile 1844 e subito pensa di poter cambiare il mondo, cancellando ingiustizie, vendette, meschinità. la convinzione proveniva dalla sua forza che nel corso degli anni va sviluppandosi oltre misura, al punto di non aver alcuna indecisione nel definirsi donna/messia. Insomma rintanarsi in un angolo non consente di rigettare l'altro angolo, di vederlo come una meta da raggiungere a ogni costo, nel gioco della vita. Flora avverte che il paradiso delle lotte politiche è tutto costruito sulla rinuncia a ogni tipo di flessibilità umana, si accorge che vista alcuna intruisione nell'universo delle trasparenze pure dell'arte: segno evidente che il paradiso, come il gioco di quei bambini, è altrove ed è qualcosa di irraggiungibile sulla terra, da parte di lei, Flora, ma anche per Gauguin, perché il traguardo della bellezza pura e incontaminata è remoto e sfuggente, faticoso, forse impossibile da afferrare, se l'artista ha speso un'intera, tragica vita fino a poco oltre i cinquant'anni, allo scopo di perseguire un ideale di perfezione estetica cercato ovunque, anche nella peruviana Lima dove visse da ragazzo. Due vite, quella della donna, e l'altra di Gauguin, un uomo che scopre all'improvviso la sua vocazione e abbandona la sua esistenza borghese per trasferirsi a Tahiti a caccia di più incontaminati univesi. I due hanno anche una diversa idea del sesso: Flora recepisce in esso soltanto uno strumento di dominio del maschio, lui, l'artista, lo vive e consuma come una forza vitale imprescindibile, al servizio totale di uno straordinario momento creativo. E Vargas Llosa insiste proprio su questa diversità che unisce piuttosto che dividere, e conduce i due per mano fino ad una felicità assoluta. Ecco allora precisarsi, in questo nuovo romanzo, l'assunto di fondo di una impossibilità di approdo, che dal buio dei tempi e delle stagioni dei due protagonisti, si proietta in un presente che non riesce mai a fornire la chiave giusta per filtrare nel nirvana della vita. Romanzo costruito quindi sull'ineffabilità dell'enunciato, e quindi sulla vanità di chi è convinto e sicuro della propria ricetta, Mario Vargas Llosa, dopo tante avventure romanzesche che hanno toccato varie esperienze della sua vita, sembra adesso in chiara fase di bilancio, con una punta di doloroso pessimismo, ma