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È MORTO a Roma l'attore siciliano Ciccio Ingrassia.

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Ingrassia era nato a Palermo nel 1923 e avrebbe compiuto 80 anni il 5 ottobre prossimo. Il suo successo è legato indissolubilmente al nome di Franco Franchi con cui ha lavorato in coppia dal '57 interpretando numerosissimi film comici. di GIANLUIGI RONDI SE NE È andato anche lui. Undici anni dopo Franco Franchi con il quale aveva dato vita a uno dei più pittoreschi duetti del cinema italiano fra il Sessanta e l'Ottanta. Erano, come d'uso, due tipi opposti: Franchi rozzo e tarchiato, Ingrassia, uno spilungone dai modi spesso fintamente aristocratici. Domenico Modugno, dopo anni di avanspettacolo, li aveva fatti esordire in un film di Mattoli, «Appuntamento ad Ischia», affidando loro subito dopo due parti di rilievo in una commedia musicale di Garinei e Giovannini, «Rinaldo in campo». Da lì un seguito di comiche che inzeppavano lo schermo di gags e con cui, a un certo momento, si divertirono (divertendo) a farsi beffe di film seri. Come «Ultimo tango a Parigi», che trasformarono in «Ultimo tango a Zagarolo», con la sola partecipazione, quella volta, di Franco Franchi. Come accadde a Totò, arrivarono però, per entrambi, delle imprese di maggiore impegno. Per esempio, e proprio fianco a fianco con Totò, quel «Capriccio all'italiana» che era tra gli episodi più sapidi di «Che cosa sono le nuvole» di Pier Paolo Pasolini. Imponendosi poco dopo, ancora insieme, nel «Pinocchio» televisivo di Comencini dove erano, con coloratissime malizie, il Gatto e la Volpe. Poi, per Ingrassia da solo, un altro importante salto di qualità, la parte dello zio Teo che gridava con voce roca «Voglio una donna» nell'«Amarcord» felliniano. Eccoli però di nuovo insieme, ma in cifre ormai in cui gli autori di qualità avevano il sopravvento, in un grande film dei fratelli Taviani, «Kaos», che doveva vederli protagonisti assoluti e magnifici della «Giara», uno degli episodi da Pirandello in cui il film consisteva. In quelle stesse cifre la carriera di Ingrassia quando la continuò senza Franchi. Quattro film uno più intenso e fervente dell'altro, pervasi, grazie alla sua partecipazione, di una comicità spesso acre, ai limiti del sarcasmo: «Domani accadrà», il felice esordio di Daniele Luchetti sotto la guida di Moretti, «Viaggio d'amore» di Ottavio Fabbri, scritto da Tonino Guerra, «Condominio» di Felice Farina, in cui aveva la parte di un ex poliziotto pronto a far prevalere le ragioni della solidarietà, e soprattutto «Camerieri» di Leone Pompucci, dove era con malinconica dignità il proprietario di un ristorante colpito da un malore che costringeva tutti i suoi camerieri a mobilitarsi per far fronte a un pranzo di gala. Asciutto, netto, quasi severo, non lo si poteva ormai più discutere come attore. Glielo riconobbi onestamente, anche se i film che, negli anni Sessanta, aveva interpretato con Franco Franchi, io avevo preso l'abitudine, su queste colonne, di definirli «franchingrassia».

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