Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

di LUIGI DELL'AGLIO SI SPALANCANO le porte di una nuova epoca di splendore per l'archeologia ...

default_image

  • a
  • a
  • a

La malìa di questa statua scaturisce prima di tutto dal suo straordinario potere estetico. Ma, in chi la guarda, la suggestione cresce per il fatto che il Satiro viene dal mare. È stato riportato alla luce da un abisso di 400 metri in fondo al Canale di Sicilia. Si ripeterà l'entusiasmo - questa volta letteralmente «dionisiaco» - che circa venti anni fa suscitarono i Bronzi di Riace. E l'archeologia subacquea si appresta di ricevere dalle istituzioni pubbliche le stesse attenzioni che le furono riservate allora. Un giro di boa per una disciplina che, nonostante la sua importanza, non è neanche nominata nel decreto legislativo del 1999 sui beni culturali del Paese. Anzi, questa volta, a quanto pare, la ricerca e la tutela del patrimonio archeologico del mare vedranno riconosciuto pienamente il loro ruolo e potranno contare su una moderna e stabile organizzazione centrale. Come è previsto dalla Convenzione Unesco del dicembre 2001. La nuova epoca felice dell'archeologia subacquea esordisce con numerosi ritrovamenti. Quattro di portata mondiale: il Satiro Danzante, le navi (non solo romane) di Pisa, quelle romane di Olbia e la galea e la «rascona» (imbarcazione da trasporto) della laguna di Venezia, entrambe del XIV secolo. «La galea è la regina dei mari medievali e ha dominato il Mediterraneo nei secoli dopo il Mille, fino alla battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571). Verrà poi sostituita dai galeoni, più adatti agli oceani. Quella che abbiamo scoperta nella laguna di Venezia è la prima, e finora unica, autentica galea medievale restituita alla luce», spiega il professor Luigi Fozzati, che con i colleghi Claudio Mocchegiani Carpano e Piero Alfredo Gianfrotta, è tra gli artefici dell'attuale rinascita dell'archeologia del mare. Fozzati è responsabile di Nausicaa (Nucleo per l'archeologia umida e subacquea in Italia per il Centro e Alto Adriatico) e insegna all'Università Ca' Foscari di Venezia. Mocchegiani Carpano insegna a Napoli, Gianfrotta a Viterbo. Il ritrovamento della galea e della rascona ha dato luogo a studi per conoscere meglio le tecniche costruttive dei maestri dell'Arsenale di Venezia. Le galee erano impiegate sia nei commerci che nelle battaglie. I mari d'Italia, crocevia delle comunicazioni tra le grandi civiltà del passato, conservano sul loro fondo pezzi che - per qualità e quantità - nessun altro paese può vantare. Dopo il ritrovamento dei Bronzi di Riace, il ministero dei Beni culturali, per iniziativa dell'allora direttore generale Francesco Sisinni, istituì la prima struttura centrale ad hoc, a capo della quale furono posti prima il professor Werner Johannowski, poi il professor Mocchegiani Carpano. In seguito, questa struttura è stata ufficiosamente soppressa. Ora tutte le speranze della comunità scientifica dell'archeologia del mare si concentrano sulla nuova legge che riordinerà il ministero dei Beni Culturali. «La legge dovrebbe concretamente definire l'archeologia subacquea e le sue competenze; il ministero verrebbe a dotarsi di una rete di soprintendenze delle acque (a Nord, al Centro, nel Sud e nelle Isole) con il compito di tutelare il patrimonio archeologico subacqueo. La Sicilia, dal canto suo, si accinge a varare tra poco una soprintendenza del mare» dice Fozzati. A vele spiegate, questa disciplina negletta ma preziosa sta per riprendere il largo.

Dai blog