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Condanna di un collaborazionista senza colpa

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Anche Mauriac e Camus difesero lo scrittore francese dalla pena capitale

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L'unico scrittore di rilievo condannato a morte per collaborazionismo, ed effettivamente fucilato, durante le epurazioni che vennero avviate dopo la liberazione di Parigi. L'unico al quale la stampa il 6 febbraio di ogni anno, anniversario dell'esecuzione, dedica regolarmente spazio per le ultime polemiche. Sul caso Brasillach esce oggi uno splendido saggio di Alice Kaplan, che ripercorre le settimane tra l'arresto (settembre 1944), il processo (19 gennaio 1945) e l'esecuzione, di 15 giorni successiva, con un ritmo incalzante, alternando testimonianze, ricordi, testi del processo e, infine, riflessioni successive, per lo più di rammarico, di molti protagonisti della scena letteraria. Brasillach fu uno strano caso di collaborazionista per motivi ideologici, senza compromissioni per interesse (così comuni durante l'occupazione ) né intenti delatori. Il suo, insomma, fu un peccato di idee, per un'Europa sul modello tedesco, e per questo peccato, giudicato di alto tradimento, il pubblico ministero, Marcel Reboul, gollista e conservatore, ne chiese e ottenne la condanna. Lo scrittore non si sottrasse alle sue responsabilità, durante le sei brevi ore dell'infuocato dibattimento, ma nella sua appassionata autodifesa le volle inserire nel quadro delle molte responsabilità che tutti i protagonisti della guerra civile che aveva dilaniato la Francia si erano assunti in quei giorni, rivendicando il carattere esclusivamente ideologico delle sue responsabilità. Altrettanto fece il suo difensore, Jacques Isorni, che dopo la condanna si precipitò, invano, a chiedere la grazia a De Gaulle, il quale la rifiutò anche perché condizionato dalle informazioni sbagliate sulle vere colpe dello scrittore. A nulla valsero gli appelli di Mauriac e di Camus a suo favore, di fronte alla scelta politica di dare un esempio al Paese. Brasillach venne quindi condannato in nome della ragion di Stato, per colpe che alcuni mesi dopo non lo avrebbero forse neppure portato di fronte a un tribunale. È questa cattiva coscienza probabilmente che fa sì che il caso non sia mai considerato completamente archiviato. Alice Kaplan «Processo e morte di un fascista» Il Mulino 320 pagine, 20 euro

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