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di GIANLUCA ATTANASIO ACCANTO allo studio dell'Idealismo classico tedesco, della cultura ...

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«Destini personali. L'età della colonizzazione delle coscienze» è il titolo del suo nuovo libro edito da Feltrinelli (488 pagine, 26 euro). Professor Bodei, quelli di "sapienza" e "saggezza" sono due concetti a cui la filosofia ha sempre prestato grande attenzione. L'umanità, tuttavia, sembra li abbia messi da parte in questi ultimi tempi. Qual è il suo punto di vista? «Una sapienza implica che si abbia la conoscenza delle cose. Partendo da questa constatazione, oggi (penso al caso della guerra in Iraq, ma a tanti altri fattori come i mercati finanziari o il funzionamento della scienza) ciascuno dovrebbe iniziare a confessare la propria ignoranza, dal momento che vi sono una quantità enorme di cose che non si conoscono affatto. In tal modo, verificando che la nostra sapienza è limitata, bisognerebbe affidarsi maggiormente al concetto di saggezza. Quest'ultimo, però, implica una esperienza difficile da conquistare; una esperienza che da Machiavelli in poi (ovvero da quando il mondo comincia a trasformarsi velocemente) sfugge dalle mani come sabbia. Così, alla fine, il vero problema è "mantenere il passo col mondo"». In che misura, invece, la filosofia può regolare i rapporti esistenti tra democrazia e libertà? «Premesso che democrazia e libertà sono compiti che riguardano tutti gli uomini, la filosofa può aiutare a comprendere qual è il senso di questi valori. È proprio nella democrazia che la filosofia trova il bisogno di una "razionalità" scaturente dal confronto, di modo che nessuno abbia dei modelli precostituiti da imporre agli altri». Nel suo ultimo libro, «Destini personali», lei ha trattato proprio questo argomento, come cioè ognuno si rende conto della propria situazione e del proprio destino in «un contesto più generale che riguarda sia i rapporti politici che quelli sociali. «Indago in effetti sulle forme della moderna individualità. Ho cercato di vedere, per esempio, come dopo la fine della fede in un'anima immortale (in senso religioso) o dell'anima-sostanza (in senso filosofico) l'individualità viene costruita attraverso mezzi sostanzialmente politici e scientifici». In una società globalizzata come la nostra, che importanza ha parlare di «memoria soggettiva»? «Moltissima. Se la memoria collettiva, attraverso banche dati o libri, non è mai stata tanto ricca quanto oggi, la "memoria soggettiva" delle giovani generazioni, fatte molte eccezioni, è invece relativamente più povera. Il passato non insegna più come faceva una volta; esso non fornisce più degli "exempla" validi, e la causa di ciò è da rintracciarsi nella "natività dei cambiamenti". Siamo così di fronte ad un impoverimento: per contrastarlo bisogna poter contare sull'aiuto della scuola, dei giornali, delle radio, della famiglia. Occorre far capire ai giovani che se non comprendono il mondo in cui vivono essi saranno "sfavoriti", vivranno in maniera "sradicata"». I giornali, in cosa potrebbero essere migliorati per accrescere la loro funzione formativa? «A mio avviso, il problema dei giornali (oggi "esiliati" da strumenti come televisione, videotel o internet) è che oltre alla terza pagina non dispongono di appositi spazi di approfondimento. Io trovo che la divisione tra una parte mummificata e teorica (la vecchia terza pagina cultura) e una pagina "eraclitea", del "flusso che corre", sia troppo netta. Bisognerebbe inserire più pause di riflessione nella parte generale del giornale e, forse, un po' più di fluidità nelle terze pagine».

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