di CHIARA FABBRIZI DICIAMOLO subito.

Bealer (Donzelli). Amata la protagonista del volume, approfondito il saggio. Weinberg e Bealer ci raccontano, ad esempio, che fu il medico tedesco Friedlib Ferdinand Runge il primo a isolare la caffeina, su consiglio di Wolfgang Goethe, agli inizi dell'Ottocento. Già da secoli, però, il consumo di bevande contenenti quella sostanza era diffuso in molti popoli. Narra la leggenda che a scoprire le proprietà della pianta del caffè fu un capraio etiope nel VI o nel VII secolo; anzi, per la precisione, fu una sua capra, che ne mangiò alcune foglie e divenne subito più arzilla. In realtà la caffeina era già nota ai Cinesi, accaniti consumatori di tè: l'invenzione di questa bevanda contenente caffeina viene attribuita allo stesso imperatore che introdusse l'aratro, il lavoro dei campi e l'arte erboristica; come a dire che l'inizio della civiltà e il consumo del tè coincidono. Ma il primo contatto tra la caffeina e gli Europei non avvenne tramite il tè e il caffè (introdotti più o meno contemporaneamente nel Vecchio Continente nel XVII secolo); li anticipò infatti di una cinquantina d'anni, proveniente dall'America, la cioccolata, che contiene una piccola quantità di caffeina vera e propria, ma è ricca di teobromina (letteralmente "bevanda degli dei"), una sostanza chimica molto simile alla caffeina. Ad apprezzare la caffeina, in Europa, furono in primo luogo monaci e armigeri, dovendo tenersi svegli a lungo. Ma la sua origine pagana la pose in sospetto presso le alte sfere della Chiesa cattolica, tanto che nel Seicento ci si domandava se non fosse stato il demonio a introdurre all'uso della caffeina gli infedeli. Per fortuna papa Clemente VIII, dopo aver assaggiato il caffè per giudicarne la liceità, ne concluse che il suo sapore e il suo effetto erano talmente piacevoli e utili che sarebbe stato davvero «uno spreco insano lasciarne il godimento ai pagani». Munito di nulla osta papale, il caffè iniziò allora a soppiantare le spezie nel commercio europeo, rivoluzionando le abitudini del Vecchio Continente. Oggi si può parlare di una «cultura della caffeina»: si va dal Giappone dei giardini zen e della complessa cerimonia del tè ai caffè-ritrovo sparsi nelle capitali di tutto il mondo, spesso sedi di cenacoli culturali e centri di diffusione di movimenti artistici e intellettuali nati intorno a qualche tazza fumante di caffè; dall'Inghilterra dell'"ora del tè" fino all'America della Coca-Cola. Questa celebre versione della caffeina con le bollicine fece la sua prima comparsa, come il tè e il caffè, in farmacia, in qualità di tonificante, per poi diffondersi come bevanda. C'è chi dice che in principio contenesse, come suggerisce il suo nome, una piccola quantità di cocaina; ben presto, tuttavia, la caffeina divenne l'unico stimolante incluso nella ricetta della Coca-Cola e di altre bevande industriali. Oggi, concludono i due studiosi, con il 90 per cento della popolazione mondiale che ne fa un uso regolare, la caffeina «è la droga dominante, quasi universale, della razza umana». Altro che pausa-caffè.