Passione tra disadattati
UN FILM dalla Corea. Con due casi estremi. Quello di un giovane disadattato, appena uscito di prigione, e di una ragazza cerebrolesa che i parenti, pur assistendola, tengono relegata. Si incontrano e lui nonostante la menomazione vistosa della ragazza, se ne sente attratto. Prima con un impulso solo erotico, poi con una serie di attenzioni da cui la povera infelice finisce per essere coinvolta. Ma saranno fraintesi e lui, accusato perfino di stupro, è rispedito in prigione. Realismo duro, con effetti naturalistici spinti addirittura all'estremo. Un film però serio e saldamente congegnato grazie a un testo e a una regia — di Lee Chang-Dong — tesi a dar rilievo al dolore dimesso di condizioni umane spesso solo accennate. Quella del ragazzo, soprattutto. Inclino a sbagliare ogni gesto, incapace di adeguarsi alle regole, ma illuminato e addirittura normalizzato dal sentimento forte che prova per la ragazza. Ed è proprio questo sentimento che consente al regista di evocare, in quel grigio inferno con cui ci descrive Seul, una pagina intensa, con suggestioni quasi liriche. La ragazza ha sempre avuto paura quando, chiusa nella sua stanza, vedeva le ombre che faceva risaltare su un muro un albero secco in strada. Lui, pur inseguito dalla polizia dopo il suo preteso stupro, si arrampicherà sull'albero tagliandone i rami. L'ultima premura prima di tornare in prigione. Un segno coinvolgente d'autore. In un film indubbiamente difficile. G. L. R.