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Botticelli si tinge di giallo

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Philippe Leroy tra la Firenze rinascimentale e Chicago

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Tra gli interpreti, accanto a David Kriegel e a Cristina Moglia, figura Philippe Leroy nei panni di un falsario. Il film è già uscito in Usa, nel circuito artistico dell'art Istitute of Cicago in occasione di una grande mostra sulla famiglia De' Medici. La pellicola ha creato un grande interesse soprattutto tra gli appassionati d'arte rinascimentale al punto che la proiezione di «The Accidental Detective» sarà ripetuta in altre mostre americane: la prossima sarà a Detroit. La scorsa settimana il film è stato proiettato a Palazzo Veccho a Firenze alla presenza di critici e autorità. Leroy, oltre ad essere un attore lei è anche un appassionato d'arte e uno scultore: cosa l'ha attratta in particolare di questo personaggio? «E' stato davvero straordinario poter recitare in luoghi d'arte finora inaccessibili alla macchina da presa, come la Galleria Palatina di Palazzo Pitti e le Gallerie degli Uffizi. E' un film che con leggerezza porta lo spettatore a riflettere sul patrimonio artistico, sul mercato dell'arte, sul mondo dei falsi e dei falsari. In un dialogo con il protagonista americano sottolineo infatti quanto sia importante l'arte in sè, soprattutto se anonima. I nomi e le firme degli autori, diventano solo un modo per aiutare i mercanti d'arte a far salire vertiginosamente i prezzi dei quadri, ma in realtà un'opera se è bella, colpisce sempre, pure se anonima e persino se realizzata da un falsario». La storia narra il rocambolesco ritrovamento di un'opera botticelliana: quanto c'è di vero nella trama? «La storia è inventata sia nel film sia nel libro a cui si è ispirata la regista, intitolato "La scritta sul vetro" e ideato da Cristina Acidini, soprintendete dell'Opifizio delle Pietre Dure di Firenze. La presunta tavola del Botticelli, Diana Bacia Endimione e Diacere, è stata eseguita dalla restauratrice fiorentina Caterina Toso e viaggia come veicolo pubblicitario del film, insieme con la copia di un'altra famosa tavola del Botticelli, Venere e Marte, il cui originale è nella National Gallery di Londra. L'obiettivo era quello di fare un falso che sembrasse vero anche ad occhi più esperti». Quali saranno i suoi prossimi progetti? «Vorrei continuare a condurre una vita immersa nell'arte, come ho sempre fatto. L'espressione è per me essenziale, sia nella recitazione sia attraverso la realizzazione di sculture e chissà, prima o poi, qualche falsario si accorgerà pure delle mie opere».

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