Un oceano di travolgente passione

Ed ecco allora la Rizzoli, meno male, aprire il contenzioso che riguarderà tutte le opere della grande romanziera irlandese con la pubblicazione del suo testo più importante, «Il mare il mare», apparso a Dublino nel 1978, e considerato subito dalla critica del tempo un'opera di forte dimensione formale, ben diversa da una comune storia d'amore, di quelle che i nostri editori hanno sempre visto con fin troppo sussiego. Ben venga dunque questa resipiscenza cui ne seguiranno altre, sembra: «La campagna», «Sotto la rete», «L'unicorno». L'avvio della vicenda mette subito il lettore a suo agio: Jean Paul Sartre, cui dedicò il suo primo libro, un trattato di filosofia, avrebbe detto che molto facilmente si entra «dans la situation», ingrediente primario per coinvolgere e avvincere il lettore: «Il mare, che si stende davanti a me mentre scrivo, riluce invece di scintillare sotto il tiepido sole di maggio». Percezione che Claude Monet avrebbe molto gradito: qui però la situazione è diversa e lontana dal giardino incantato di Giverny, non c'è il famoso, sconvolgente ponte giapponese che il genio impressionista dipingeva ad occhi spenti, c'è invece Charles Arrowby, attore e drammaturgo di grande fama, che ha deciso di ritirarsi su questo remoto lembo di terra emersa a specchio dell'oceano, a smaltire la sua infinita ansia di solitudine, assieme ad un paesaggio di rara bellezza. Tutto questo gli può servire ad esorcizzare grumi di memoria trapunti di amori, falliti e conclusi, mentali e fisicamente vissuti e consumati. Sono specialmente le presenze femminili a far da sollievo e farmaco, ma anche a procurare dissidi interiori, condizioni esistenziali di dolore e di pena. Attraverso le pagine di un ipotetico diario, emergono fantasmi del passato che sfidano il presente con l'inesorabile azione spettrale della memoria, così ingannevole e anche così vera, reale. Lo "skyline", il profilo all'orizzonte, delle donne amate, pare uniforme, ma non è così: come un campanile nel disegno del cielo, ecco ergersi Hartley, il primo amore, l'unica forse che ha abbandonato il protagonista per timore di venir tradita, una concausa all'apparenza paradossale, in verità in grado di produrre in un uomo effetti devastanti. Ha scelto l'immobilità questa donna, la tranquillità di una vita passiva anziché quella di un amore turbolento. Per Charles il contesto è molto diverso: sale in lui l'ossessione di quella presenza che si configura come una storia non conclusa, troncata a metà, e sì che, per la psicologia di un grande conquistatore di donne, è ferita che non si cicatrizza: anzi, alimenta l'ossessione, fa dilagare l'ansia del recupero, della riconquista. Nell'eterna lotta fra l'amore quieto e tranquillo, e quello feroce, qui vince il secondo, ed ecco allora Charles congedarsi dalla vita meditativa che si illudeva di aver privilegiato per l'eternità, e tuffarsi, è il caso di dire, nel mare di un amore incalzante e primordiale. Il fiato dell'uomo è sul collo della donna, non molla la preda, vuole convincerla a scegliere la ferocia piuttosto che la serenità della vita coniugale. La rappresentazione del moto ondoso della vita, così caro a Virginia Woolf, qui si traduce in una tempesta senza fine, in uno scenario che nel frattempo, con la magia che solo i grandi romanzieri sanno descrivere secondo i tempi del trapasso e della mediazione, è del tutto cambiato: la solitudine dell'isola sull'oceano, che recuperava luce e silenzio, è ora diventata un groviglio di voci, di presenze, di ospiti quanto mai irrequieti e rumorosi. Un cugino, vecchie amanti un po' ammuffite, persone intruse insomma, occupano quella solitaria postazione, mentre il rumore sale a dismisura, tutto e tutti coinvolge impietosamente, fino a rendere impossibile il concludersi del processo d'amore: che diventa sempre più tormentato via via che cresce il bacca