L'«Assunta Spina» di Mastelloni un inno alla donna emancipata
AL SANNAZARO DI NAPOLI
Rinasce mille volte e riesce sempre a dare scandalo con il suo candore di affabulatore incantato. Il brutto anatroccolo del palcoscenico italiano, l'ex "enfant terribile" demolitore del conformismo teatrale, che aveva conquistato anche i più scettici con i suoi monologhi dissacranti (da «Carnalità» a «Nudo e crudo»), si è fatto "cigno" e nuota beato in un laghetto della sua Napoli. Quel laghetto è il Teatro Sannazaro, dove nel '75 spiccò il volo, grazie alla benevolenza della popolare attrice delle farse partenopee Luisa Conte, e dove è ritornato per misurarsi, alla sua maniera (si capisce), con i testi della tradizione napoletana. Luisa Conte non c'è più, però la nuova "regina" del Sannazaro, la nipote Lara Sansone, è dello stesso ceppo, dello stesso indomabile temperamento, probabilmente anche stesso talento, sicuramente più abbagliante per fascino e sensualità. Leopoldo Mastelloni nel suo «Passion Flower», rimpasto delirante dell'«Assunta Spina» di Salvatore Di Giacomo, ha sconvolto storia e personaggio del grande cantore del perbenismo ottocentesco partenopeo e ne ha fatto un monumento all'emancipazione femminile. Ci sono anche il duce che fa il "bagno di folla" e Mina che ci ricorda quanto «E' amaro 'o bbene» nella messinscena di Mastelloni dove si declinano il teatro grottesco e il doppio senso farsesco da bocca buona, i lamenti di Viviani e gli acuti di Peppino Di Capri. E su tutti, anche sull'ex sciantosa Titina, sfatta e bisbetica (interpretata dall'eccellente Leopoldo con slancio surreale), spicca "la seduzione pericolosa" e infallibile di Lara Sansone, sirena ferita, spina senza rosa che punge le nostre emozioni e tiene svegli i nostri sentimenti. «"Assunta Spina" è una commedia breve, scritta da un poeta più che da un drammaturgo, quale era Salvatore Di Giacomo - ha spiegato Leopoldo Mastelloni - Lo sfregio del rasoio del suo amante sulla sua guancia diventa un "ricamo". Io l'ho riempita di arbitrarietà artistiche per donarle un percorso teatrale intrigante e anomalo. Ho cercato di trasformare l'amore ingenuo e accecato dei due giovani in una voglia di crescere, nonostante gli ostacoli dei pregiudizi di una società repressiva che punta alla distruzione di cuori liberi e di opinioni critiche». Un bocconcino troppo raffinato per il palato del pubblico abituato alle farse napoletane? «Il pubblico sceglie tra ciò che gli si offre. Al Sannazaro, tutte le sere, e spesso due volte al giorno, abbiamo la sala riempita da gente che preferisce noi al richiamo della sfera di cristallo televisiva». Dalla tv Mastelloni è assente da molto tempo: forse gli piacerebbe ritornarci. «E a fare che? Oramai in tv tutto è consumo rapido, usa e getta, da "Zelig" a Sanremo. Non c'è memoria, se n'è andato Don Lurio e non l'hanno onorato, con uno special, o che so con una clip. Ecco, mi piacerebbe una tv dove in "prima serata" si possa rivedere una clip delle canzoni di Milly, o l'eclettico Alberto Lionello, il mitico Carmelo Bene, o la meravigliosa Milva. Mi piacerebbe condurre un programma così, sono certo che farebbe anche audience. Nell'attesa, il 30 marzo, farò "L'Angelo" da Catherine Spaak, su La7».