Una candelina in musica
È stata un'attesa ben ripagata? La risposta esige forse una cauta premessa: nulla è perfetto a questo mondo: eccettuato ciò che non esiste, (a tacere del concetto di perfezione, inconcepibile dalla ragione). Neppure il Parco della Musica può esser esente da mende di diversa natura: alle quali negli scritti qui accanto s'accenna ed alle quali ha accennato l'altrieri anche Wolfgang Sawallisch dopo aver provato l'acustica della Sala di Santa Cecilia con l'Orchestra accademica. Il tempo prossimo venturo, grazie alla solerzia, alla competenza ed alla buona volontà della gestione, provvederà a porvi rimedio: cosí nei voti d'ognuno. Le tre sale musicali e l'intera struttura architettonica che le comprende ed esalta sono opera d'eccellenza di Renzo Piano, la quale fa onore al linguaggio architettonico dell'Urbe del postremo Novecento: si sa, alquanto scialbo. Si respira, a percorrere il Parco della Musica, il senso della dignità e della decenza artistiche nell'àmbito d'un concepimento misurato e d'una visione armoniosa degli spazî. A taluno la forma esterna delle tre sale non è garbata: calabroni? mandolini? (in vero, si tratta d'astrazione che rimanda alle ineffabili ed elusive forme della musica). A talaltro spiace un'acustica per certo migliorabile nella Sala Santa Cecilia, e, magari, nella Sala Sinopoli: fra gli altri, Uto Ughi, Maurizio Pollini e Wolfgang Sawallisch, eroi delle presenti giornate musicali, hanno rilevate le manchevolezze al proposito. Ma ciò che piú preme e vale è la presenza palpitante ed operante di questa nuova sede: dell'autorevole «tempio» della musica cólta che ben riflette la centralità del linguaggio dei suoni vuoi nell'economia culturale della vita urbana, vuoi nella realtà dello spirito individuale. Il vecchio continente che prima si stupiva dell'uso che noi si faceva d'un auditorium inidoneo, oggi ammira il complesso di Piano di cui usufruisce il popolo quirite, e non solo. La Francia già s'interroga perché mai non abbia ancora esatto ed eretto altrettanto. Ancora: il fulgore e l'imponenza dell'Auditorium rivestono un'alta valenza morale: o sia l'affermazione della centralità della musica nell'ordinamento della formazione e dello sviluppo organico del cittadino. Centralità che la scuola italiana, a differenza della anglosassone, ha ognora disatteso, o negato tout-court, dai tempi della pur provvida e lungimirante Riforma Gentile. Del resto, Benedetto Croce non anelava alla musica d'arte - curioso per un filosofo del Neoidealismo! - mentre l'ignoranza di questo linguaggio privilegiato dell'Assoluto è andata spaventosamente dilatandosi nell'Italia del secondo dopoguerra: dalle istituzioni e dalle legislazioni essendo la musica inclusa nel comparto degli hobbys: metti, gaudente trastullo di minoranze ininfluenti ed emotive: in sospetto di perdigiornismo. Si voglia in fine sottolineare che il nuovo Auditorium è a ragion veduta inteso ad accogliere le musiche delle piú varie tendenze, purché partecipino della sfera dell'arte (notoriamente ristretta). Inoltre, il nuovo Auditorium non è riservato alle sole attività dell'Accademia di Santa Cecilia, concordiamo, ma però sia riservato sovr'a tutte ad esse.