Torna l'inquieto universo di Giuseppe Bonura
Scavando nelle zone dell'esistenza scartate dalla luce, l'autore raccoglie le più latenti aggressività, il sovrastare dei nebulosi pericoli. Gli strappi dei giorni e l'equivoco linguaggio delle passioni sorgono da un passato che, senza preavviso, chiede imperioso l'ingresso nel presente. Si intersecano i luoghi: dalla percepibile ambientazione romagnola e marchigiana si passa d'un balzo a un labirinto d'ombre. Intanto i personaggi si materializzano come dal nulla: essenziali, fermati in uno scorcio inconfondibile e, proprio per la precisione del taglio ritrattistico, enigmatici e straniti, invadono il primo piano. Il mistero più scuro, quello che circonda subdolo ogni vita, è qui costretto in pochi segnali secchi e robusti che rivelano, mediante un gesto troncato, una frase pensile, un particolare fisico o morale, i bersagli mancati, le inutili corse, le strade smarrite per colpa o per disguido. Collegati da un filo tenace di pena, gli intrecci di tante vicende ferite sono capitoli di un superiore arco romanzesco solcato da ansiose voci sole o da un coro avvolgente, come un assedio del destino e, insieme, una riserva di stralunate presenze. In una linearità nitida, che si attorciglia tuttavia intorno a simboli e parabole, transitano figure perplesse, torbide, sognanti, talora «più di là che di qua»: l'infelice Leo, l'abulico Danilo, la stramba Mariangela, un cronista eccitato dalla foto di una tragedia, la pittrice Selvina, la vendicativa Esterina, Gemma costretta a uccidere per difendersi, Olindo «tra i fuochi». Ridotto a scaglie, il paesaggio si colloca dentro particelle di colori: affilato, stilizzato (ma con slittamenti verso latitudini inquiete), si stringe intorno a una veglia funebre, a un episodio di crudeltà. Sovente è «una roba d'inferno nella pioggia». «Involontario cronista del rione», lo scrittore sciorina tre nuclei tematici (l'intimismo, il "largo" della seconda guerra mondiale, la stagione del boom economico), promette di scrivere una «storia edificante e casta», cambia i punti di vista e sospinge qualche volta i crudi fatti nella sfera della favola. Giuseppe Bonura «Le notti barbare» Edizioni Quasar 239 pagine, 13 euro