Dimenticato l'organo e poco spazio per il coro
Sul Parco della Musica con le sue tre sale (700, Sinopoli-1200 e S. Cecilia- 2800 posti) ormai se ne sentono di tutti i colori. Rallegramenti e felicitazioni si mescolano a lamentele e lagnanze. Molti i motivi del contendere che vanno da fattori strutturali (le troppe scale che scoraggiano il pubblico per lo più anziano dei concerti), la presenza di soli due ascensori di otto posti l'uno per la sala grande e pochi servizi igienici in relazione alla capienza della sala. Ma c'è anche chi si spinge a criticare i materiali di rivestimento: la estrema diversità dei materiali usati nel progetto di Renzo Piano comporterebbe infatti un grande dispendio per il mantenimento delle infrastrutture. Ma c'è anche la realtà di una acustica perfettibile. E c'è chi ha notato la mancanza del grande organo e la infelice collocazione delle masse corali in sale non aereate e poco servite. I commenti degli episodici visitatori ma anche di molti lavoratori all'interno dell'auditorio vertono così sia su dati tecnici che su fatti di gusto estetico: «Lo trovo un po' asettico e bisogna migliorare l'acustica», sostiene Piera Pistono, compositrice. «Lo avrei voluto più legato al passato, meno moderno, meno freddo» dichiara Rebecca Montagnino, psicologa. «Era una struttura che mancava alla città essendo l'auditorio di Via della Coinciliazione inadeguato alle necessità musicali. L'attuale Parco della musica è architettonicamente strepitoso, ma anche molto moderno, freddo e dispersivo», dice Marina Neri, studentessa. Una voce autorevole, quella del maestro Lionello Cammarota (nella foto), direttore del Conservatorio di Santa. Cecilia: «Niente da dire sui risultati architettonici in verità splendidi, ma sulla funzionalità gli inconvenienti abbondano: dagli spazi ristretti per il coro all'acustica e all'assenza dell' organo, strumento diffusisismo anche da fine Ottocento, fino all'ameno viaggio per raggiungere la Sala S. Cecilia per non parlare delle toilettes. Ma ciò che è inaccettabile è la non esclusiva e definitiva assegnazione all'Accademia Nazionale di S. Cecilia della sala grande, gratuita, dopo l'abbattimento fascista dell'Augusteo, nonchè l'aver escluso da ogni diritto il Conservatorio di Roma, fucina di artisti che di glorie non ne vanta poche». Insomma a pochi mesi dalla inaugurazione i giudizi del pubblico sono discordi. Quasi tutti in generale favorevoli, ma con molte riserve. Segno che il cammino da compiere sulla via di un miglioramento della megastruttura è ancora lontano dal dirsi compiuto, come del resto era da prevedere. Come dire che ora che è stato fatto trenta, ma bisogna fare trentuno. Una volta varato il tanto atteso progetto della Città della musica, bisogna davvero renderla insomma confortevole e a dimensione d'uomo. Ma questa è una battaglia che si combatterà nei prossimi mesi, se non nei prossimi anni. Certo gran parte del pubblico dovrà comunque superare lo shock dello sfratto da una struttura inadeguata, ma centrale ad una decentrata che deve ancora pienamente convincere. Ma il tempo naturalmente gioca dalla parte del nuovo e consentirà giudizi più pacati ed equilibrati quando di questo nuovo spazio avremo preso possesso come di un nostro spazio spirituale abituale. Il che speriamo avvenga al più presto.