di LUIGI DELL'AGLIO QUESTA volta Francis Crick - Premio Nobel 1962 insieme con James Watson ...
Sulla prestigiosa rivista «Nature Neuroscience» è uscito un suo articolo dal titolo che insospettisce: «A framework for consciousness», cioè «Una cornice interpretativa per la coscienza». «Lui non voleva affermare nulla di dissacrante; da nessuna parte parla di "anima"», dice il professor Paolo Nichelli, direttore della Clinica Neurologica dell'Università di Modena e Reggio Emilia. Eppure questo articolo è stato una bomba. Forse perché lui parla di "coscienza". «L'ipotesi che Crick intende formulare riguarda la coscienza "visiva" . Cerca di spiegare soltanto un aspetto particolare della coscienza. Non si riferisce ai correlati nervosi della coscienza in generale, né a tutto ciò che noi comprendiamo nel significato di coscienza». E che cos'è la coscienza "visiva"? «Quando vedo un'immagine, questa è costituita da una forma, un colore, un movimento, un carattere tridimensionale, una posizione nello spazio. Tutte informazioni percepite da gruppi diversi di cellule nervose che si trovano nella parte posteriore del cervello. Le informazioni passano poi in un'altra parte del cervello, che si trova nei lobi frontali e che, secondo Crick, provvede a "leggere", cioè a riunire, fotogramma per fotogramma, ricostruire e interpretare, la percezione visiva». È questa la novità contenuta nell'articolo? «Certo. Crick studia ormai da decine di anni le neuroscienze. Con questo articolo ha dato una cornice più puntuale a un'ipotesi di cui parla da tempo. Lui tocca quello che in filosofia si chiama il problema dei "qualia", gli aspetti soggettivi dell'esperienza». Ma qui non entra già in ballo la coscienza in senso lato? «Crick si riferisce a quella visiva. La sua teoria si propone di spiegare come dall'attività di aggregati di cellule nervose potrebbe nascere l'esperienza soggettiva. Il cervello percepisce i colori ma, nella ricostruzione, interviene un fattore soggettivo: il colore rosso non è solo una somma di pigmenti, è il rosso "come lo vedo io". Crick non tratta tutti gli aspetti del problema mente-cervello. Quando parlo di coscienza in senso lato, mi riferisco infatti alla coscienza di me stesso, alle emozioni, alla mia storia personale. È tutto questo che costruisce l'esperienza del "sé". E non è affrontato da Crick?. «Crick pensa che risolvere il problema dei "qualia" possa servire per affrontare in futuro anche gli altri aspetti della coscienza. La sua ipotesi è che il cervello sia diviso in una parte (posteriore) che produce informazioni e una parte (anteriore) che le "legge". Ma si potrebbe chiedere a Crick: e chi - a sua volta - "legge" o interpreta l'attività della parte anteriore del cervello? Ecco la critica che gli si potrebbe muovere. E forse da ciò nascono le perplessità di alcuni neuroscienziati».