Il coreano in rotta con Berio Chung lascerà Santa Cecilia per un bis negato
O, vero, lo lascerà al compimento dell'anno 2004, a fine contratto, che manco gli frulla in testa di rinnovare, stimando ormai consunto il rapporto che lo lega all'Accademia ceciliana, ed al Presidente e direttore artistico Luciano Berio. Della rottura s'è letto ieri su un quotidiano. Ed anche della goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. La goccia: il divieto del Berio al Chung di fare il bis, eppoi il tris, alla fine del concerto inaugurale della Sala Santa Cecilia nel nuovo Auditorium, il trascorso dicembre. Chung avrebbe gradito dirigere il «Va' pensiero» verdiano e l'ouverture del «Guglielmo Tell» rossiniano: due pagine delle piú eccitative ed italiane - Italia musicale di quella buona - tali da infuocare i solenni consensi della platea onorata dalla presenza del presidente Ciampi, dopo esser state eseguite, secondo programma, musiche opinabilissime, ad esser cortesi, dei signori Vacchi, Colla e Nieder, seguite dalla modesta «Fantasia» di Beethoven e dal «Sacre» di Stravinskij. No. Berio pare aver detto no ai bis del Chung. Il quale si narra aver abbozzato, e taciuto: al momento. Ma la censura gli è rimasta nel gozzo, non ostante il diniego sia stato motivato dal Berio con la ragione che un'orchestra sinfonica non usa far bis in sede. Balle, per quel che noi umilmente sentiamo, ché un'orchestra fa "encores" quando, dove e come ci garba. Duole la ventura dipartita dell'operoso direttore coreano, che tuttavia mai ci ha riscaldati nelle prove decisive: metti, Mozart, Beethoven, Brahms, etc.... a causa d'una sua radicata e piú volte comprovata estraneità ai contenuti poetici piú profondi della civiltà musicale classico-romantica. I prossimi suoi impegni contemplano una stretta collaborazione con l'Orchestra della Radio di Francia e con la Filarmonica di Tokyo: non s'escluda che ciò possa anche aver scocciati i vertici dell'Accademia i quali - s'ipotizza sul succitato foglio - avrebbero posto mente di sostituirlo con Antonio Pappano, italo-inglese di quarantatre anni d'età, bacchetta attiva fra Londra e Brussel. Certo si è che la magnanimità del soprintendente avrebbe potuto concedere al piacere pubblico quei due fuoriprogramma patrî, tanto piú che i tre pezzulli degl'italiani in programma sopra menzionati erano non molto esemplari: anzi, alquanto inattraenti; o meglio, risolutamente insulsi. Vorremmo confidare al Berio che forse ad una musica non basta esser contemporanea per essere «bella» - s'è lecito l'aggettivo affatto reazionario - e dunque degna di sollazzare i nostri organi uditivi. Né lui è stato investito della presidenza di Santa Cecilia affine di convertire al verbo musicale contemporaneo la compita massa dei musicofili romani: che di codesto verbo, si sa, non gli punge punto vaghezza, essendo per lo piú verbo di mosceria epocale, o balbuzie od attorcimento cerebralissimo. Ma egli persevera, eroico Panzer.