Patierno rigoroso nel suo film-verità

UN racconto su due piani temporali, al passato e al presente. Con il primo si chiariscono non solo certi elementi che via via lo compongono ma anche certi significati e certe ragioni del secondo. Quasi insensibilmente e, spesso, per via indiretta. Si comincia con un giovane, Matteo, che torna in un paesino vicino a Napoli dove è nato e vissuto fino a dieci anni prima. Lo accoglie la madre, il padre sta morendo e lui è lì per firmare certe carte. Si apprende che è appena uscito di prigione, per una breve licenza motivata dalla sua situazione familiare e, mentre attraversa i luoghi della sua adolescenza, si apprendono anche, ricordati da lui, i fatti salienti di quegli anni, gli amici e i rivali con cui aveva diviso le sue giornate, un primo amore, un fatto orribile, legato a quello, che lo aveva indotto ad uccidere: da qui la prigione. Con un amico morto in un incidente, un altro suicida perché derubato dal padre, un altro ancora ucciso perché aveva preso le difese di una ragazza. Mentre un'altra ragazza, Rosa, innamorata di lui, messa incinta da un giovinastro, era stata costretta a sposarlo e ora sta vivendo al suo fianco una vita di umiliazioni e di maltrattamenti. La soluzione, alla fine, vedrà Matteo sottrarre Rosa al suo calvario sapendo che, quando finirà di scontare la sua pena, potrà probabilmente cominciare con lei una nuova vita. Questi personaggi e questi spunti sono stati ripresi dall'esordiente Francesco Patierno, in arrivo dalla Tv, da un romanzo di egual titolo di Massimo Cacciapuoti che, insieme con lui, li ha riscritti per il cinema. La costruzione narrativa, appunto, è un intreccio fitto tra passato e presente, con le situazioni svelate poco a poco, i caratteri fatti via via emergere da quel piccolo coro paesano, gli snodi dati spesso quasi di sfuggita, privilegiando l'alluso. Tenendosi sempre però, con la regia, a un realismo duro e concreto che dà rilievo, con note forti di cronaca, soprattutto alla violenza. Con modi in più momenti perfino crudi, anche quando si dà spazio ai silenzi, e con una nota dominante, polemicamente svelata fin dal titolo: un clima familiare in cui i padri brillano soprattutto per la loro assenza o il loro disinteresse o le loro colpe nei disagi spesso stravolti dei figli. Espressi da uno stile che, con scelte meditate, riveste di immagini quasi ocra o comunque luminose il passato, sempre preponderante nella storia, affidando con segni opposti il presente a luci livide e gelide in cui, nonostante la speranza del finale, prevalgono somme negative. Un'opera prima di seria qualità. Vi concorrono degli interpreti scelti quasi tutti fra non professionisti, ognuno con tratti autentici, all'insegna, spesso aspra, della verità. Nei panni di Matteo, Luigi Jacuzio. Se reciterà ancora farà strada.