Intervista al regista che presenta «The life of David Gale»
Parker, contro la pena capitale senza fare politica
Il film, prodotto da Nicolas Cage, scritto dal professore di filosofia Charles Randolph, distribuito dalla Uip e da venerdì prossimo nei cinema, è un emozionante thriller che si pone l'annoso problema della pena di morte, autorizzata da ben trentotto Stati Usa. Mister Parker, cosa ha provato girando questa storia proprio nei terribili luoghi del braccio della morte? «Sono contrario alla pena di morte e, quindi, è stato doloroso vedere certe scene - ha sottolineato il regista, ieri all'hotel Eden di Roma con Laura Linney, una delle protagonisti con Kevin Spacey e Kate Winslet - Il mio film non è, comunque, una invettiva politica, anche se mi auguro che stimoli il dibattito tra quanti sono pro e contro la pena di morte. Il sondaggio americano più recente dimostra che il 43 per cento è a favore dell'ergastolo, mentre il 52 approva la pena di morte e quest'ultimo sostegno popolare è collegato al notevole aumento dei crimini violenti. Eppure, il tasso di omicidi negli States è dieci volte più alto che in Europa, confermando che uccidere i criminali non è un buon deterrente. Dal 1976, quando fu reintrodotta la pena di morta in Usa, ci sono state 807 esecuzioni: il Texas ne detiene il maggior numero, tanto che Bush, avendone autorizzate 146 nei suoi due anni di mandato come governatore del Texas, è descritto da attivisti e abolizionisti come un "serial killer"». Nel film, il governatore Michael Crabtree veste i panni del governatore del Texas: ha pensato a George W. Bush quando lo ha ingaggiato? «Ho resistito alla tentazione di scegliere qualcuno che somigliasse a Bush, anche se il personaggio nel film condivide molti punti di vista dell'attuale presidente Usa. Gli Europei la pensano più o meno come gli Americani: nel mio Paese, la Gran Bretagna, il sostegno al ritorno della pena capitale è cresciuto fino al 70 per cento; mentre, in Italia, nonostante il Papa abbia chiesto agli Stati Uniti di arrestare "il ciclo di violenza", il sostegno è del 50 per cento. Esistono spesso delle incongruenze tra popolo e politici. Blair, ad esempio, è stato sempre ritenuto un uomo intelligente e compassionevole, soprattutto da quelli che come me lo hanno votato: ed ora è sorprendente che si sia alleato con Bush e sia diventato tanto favorevole alla guerra. Forse, Blair ha delle motivazioni segrete, ma allora è meglio che le riveli al popolo inglese». Perché nel finale ha preferito lasciare tanta ambiguità? «Spero che l'ambiguità desti riflessioni e discussioni, non solo sulla pena di morte, ma anche sulla volontà di sacrificare se stessi per salvare gli altri. Troppe persone innocenti, come il protagonista, sono morte inutilmente. Il film è stato molto criticato in America: non è un momento favorevole per far emergere delle storie che aumentano le critiche verso un governo che sta vivendo una fase storica tanto delicata».