L'altra faccia della Repubblica dei 600 giorni
Questa circostanza fu denunciata già da uno dei principali storici di quel periodo, F. W. Deakin, il quale nel corso di un convegno affermò senza mezzi termini che «una storia della RSI è ancora da scrivere». Sono passati degli anni, molti saggi sono usciti in proposito, è cambiato il clima culturale, favorendo approcci meno ideologici a un problema così difficile e controverso, ma quel buco denunciato da Deakin non è stato colmato, in gran parte per le difficoltà che s'incontravano a scandagliare in profondità, attraverso la documentazione originale, i programmi e l'attività della repubblica del Nord. Ora quella storia si può finalmente scrivere. Sono infatti usciti, nella collana delle Fonti degli Archivi di Stato, i verbali del consiglio dei ministri della Repubblica Sociale Italiana (settembre 1943-aprile 1945), a cura di Francesca R. Scardaccione, che ha studiato e ordinato criticamente l'immensa documentazione dell'Archivio centrale dello Stato, pubblicata nelle oltre 1600 pagine dei due volumi, ricostruendo inoltre nell'introduzione le vicende istituzionali di Salò e la storia dei suoi archivi. I verbali forniscono non solo i provvedimenti del governo della RSI durante i 600 giorni, ma soprattutto le loro motivazioni politiche, giuridiche, amministrative e sociali, presentando un quadro ben più complesso e ricco di quanto non fosse possibile pensare finora, giudicando da quanto emergeva dalla saggistica specializzata, attenta soprattutto agli aspetti militari (sull'uno o sull'altro fronte) e all'occupazione tedesca. Queste fonti completano altresì quanto era stato pubblicato nei verbali dei governi che si erano succeduti dal '43 al '48 (Badoglio, Bonomi, Parri e De Gasperi), contribuendo a quella riunificazione della memoria sugli anni della transizione, della quale tutti, o quasi, negli ultimi tempi, hanno invocato la necessità. Come Vichy per la Francia, così la RSI per l'Italia è stata fino a ieri oggetto di una rimozione ideologica ben superiore a quella che ha impedito per anni uno studio obiettivo del fascismo. A Salò, anche per le lacune e il disordine della documentazione esistente, venne contestata la natura di Stato, riducendolo a semplice copertura dell'occupazione tedesca. Fu necessario l'intervento di De Felice per ridare credito a una tesi già avanzata da Mussolini, secondo cui la Repubblica del Nord rappresentò comunque un valido cuscinetto tra l'occupante tedesco e il Paese, evitando all'Italia conseguenze paragonabili a quelle subìte da altre nazioni sotto il controllo dell'esercito nazista. La documentazione dei verbali ci permette di andare oltre quella tesi, e di conoscere per la prima volta l'altra faccia di quel vero e proprio "Giano bifronte" che fu la RSI: da una parte priva di sovranità sul piano militare e della grande politica, dall'altra pressoché autonoma nella legislazione e amministrazione interna, al punto che, mentre al Sud i decreti dovevano avere il visto degli Alleati, al Nord questo non avveniva, almeno formalmente. Con una burocrazia che a tutti i livelli continuò a operare secondo le vecchie regole e con la consueta efficienza, conservando quelle condizioni di "normale amministrazione" che dopo la liberazione consentirono una rapida riunificazione del Paese, con difficoltà assai inferiori a quanto si sarebbe potuto prevedere. Durante le 17 riunioni del governo, dal 23 settembre 1943 al 15 marzo 1945 (quella del 16 aprile non fu verbalizzata), vennero varati quasi un migliaio di provvedimenti: più o meno quanti ne adottarono negli stessi mesi i governi che si succedettero nel Sud e poi a Roma, anche se per questo dovettero riunirsi ben 67 volte, in quanto gli equilibri tra i diversi partiti richiedevano confronti ravvicinati. È scandagliando tra questi mille provvedimenti, ma soprattutto tra le relazioni e le corrispondenze dei ministri che li promossero (Mussolini compreso) che si possono trovare le vere novità che i verbali restituiscono alla co