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I venti di guerra raffreddano l'entusiasmo dei candidati all'Oscar

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LOS ANGELES

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La Academy ha annunciato che la cerimonia si terrà in ogni caso il 23 marzo, con l'America in pace o in guerra. Ma i divi di Hollywood ammettono che la situazione in Iraq condizionerà l'atmosfera della serata. «Sarebbe osceno fare le moine sul tappeto rosso mentre la gente sta morendo altrove», ha affermato Daniel Day-Lewis (nella foto) a Los Angeles, durante la tradizionale riunione dei candidati agli Oscar, con la consegna di un diploma della Academy e di una maglietta con la scritta «nominato». Il produttore della cerimonia Gil Cates ha confermato che non vi saranno rinvii. «Il Teatro Kodak sarà un ambiente sicuro: le misure di sicurezza sono state raddoppiate - ha detto agli oltre cento candidati radunati per un lunch al Beverly Hills Hilton - gli Oscar rifletteranno ovviamente la realtà. Se la guerra sarà cominciata potrebbero esservi "breaking news" e la diretta della cerimonia potrebbe subire brevi interruzioni». Alla riunione si sono presentati anche 17 dei 19 attori candidati all'Oscar per le migliori interpretazioni (Julianne Moore ha ricevuto una doppia candidatura). Molti hanno preso atto dell'inevitabile condizionamento della guerra. «Il tono della serata è destinato ad essere diverso - ha affermato Ed Harris - Gli Oscar non sono un forum politico. Ma una preghiera per la pace non sarebbe fuori luogo». Gli organizzatori della serata hanno sottolineato che i vincitori degli Oscar potranno dire nel loro discorso di ringraziamento dal palco tutto ciò che desiderano, senza censure, anche sulla guerra. Ma ad una condizione: dovranno rispettare il limite di 45 secondi previsto per ogni vincitore. «Potranno parlare, se lo desiderano, dei loro sentimenti sulla guerra - ha detto Cates - Ma lo faranno a scapito delle altre cose che vogliono dire: saremo molto rigidi con la durata dei discorsi di ringraziamento». Tra coloro che non intendono fare dichiarazioni politiche c'è l'attore Nicholas Cage. «Ho sempre cercato di non manifestare pubblicamente le mie opinioni politiche - ha detto - Non contesto il diritto dei miei colleghi di esprimere quello che pensano sulla guerra. Io ho fatto la scelta di esprimere me stesso attraverso il mio lavoro». Una delle candidate all'Oscar, Queen Latifah (per «Chicago»), è figlia di un veterano del Vietnam. «Dobbiamo sostenere i nostri ragazzi che sono già nel Golfo - ha detto - Ma non desideriamo stare a piangere tutto il giorno, la gente vuole anche pensare ad altro».Un altro elemento di imprevisto che incombe sugli Oscar è la gravidanza di Catherine Zeta-Jones (il parto è previsto ad aprile). «Mi presenterò sul tappeto rosso con una ostetrica nascosta sotto l'abito - ha detto sorridendo - spero di non rompere le acque durante la cerimonia».

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