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«La Rai ha dimenticato l'unità nazionale»

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L'ex direttore della seconda Rete al convegno su coesione e identità del nostro Paese

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e tuttavia oggigiorno con qualche novità positiva, per esempio (lo ha detto il sottosegretario ai Beni Culturali, Bono) che la nostra lingua ha raggiunto il quinto posto fra le lingue piu studiate nel mondo. C'era un pubblico da grande occasione al convegno organizzato ieri da An sul tema della nostra identità nazionale, con relatori di non poco conto, quali Gino Agnese, presidente della Quadriennale di Roma, che ha insisto sulla necessità di esportare i prodotti culturali italiani ricordando come nel Paese venga destinato alla Cultura solo lo 0,17 del Pil. E poi Marcello Veneziani (fresco di nomina nel CdA della Rai), Giordano Bruno Guerri, che ha anche fatto da moderatore al dibattito, Gianpaolo Sodano. Fra i politici il sottosegretario Bono e Maurizio Gasparri che ha chiuso l'incontro. Uno dei temi trattati è stato il rapporto fra identità nazionale e i media. Gianpaolo Sodano, già in Rai quale direttore della Rete 2 e con altre funzioni egualmente dirigenziali, poi manager di una società di promozione e supporto del mezzo audiovisivo, risponde «no» alla domanda se la Rai-Tv oggi faccia quanto può, e quanto dovrebbe, a tutela di questa nostra identità nazionale italiana. «Lo ha fatto in altri tempi - afferma Sodano - per esempio negli anni della presidenza di Letizia Moratti, in seguito è stato un compito largamente disatteso». Un tempo si diceva che la Rai aveva il grande merito di portare in ogni casa la lingua italiana. «Non so se questa funzione venga esercitata ancora o se su questo fronte la Rai abbia abdicatato. Io sono fra coloro che nutrono delle perplessità». Una Rai allo sbando anche su questo piano. Come mai? «Perchè per lunghi anni non c'è piu stato da parte del potere politico quell'indirizzo, etico bene inteso, non prevaricante, che deve avere una Rai che per antonomasia ha la funzione, la veste di un servizio pubblico. Si sono al contrario privilegiati sopratutto gli ascolti, che sono certamente importanti, ma che non possono essere il solo obiettivo». È recuperabile una tale situazione? «Basta che il potere politico lo voglia, non abbandonando la Rai alla semplice balia degli ascolti». E questa presenza del potere politico che lei auspica non rischia d'essere poi narcotizzante sul piano delle idee? «Io ho parlato di una presenza etica, di una linea di indirizzo, che può valere anche per i programmi di intrattenimento, che non hanno bisogno di volgarità , che possono e debbono essere, pure loro, di livello». E lei ritiene che il nuovo CdA, che il presidente Paolo Mieli siano le persone adatte a un tale compito? «Indubbiamente è un CdA si alto profilo culturale, e Mieli è un ottimo professionista». Il peggior difetto della Rai vista dall'interno, come lei ha avuto modo di vederla? «Di essere debole allorchè il potere politico è labile». La sua maggior virtù ? «Di avere doti ineguagliabili di professionalità. Lo sò, è di moda canticchiare : "No , non è la BBC, è solamente la Rai-Tv" . Ma questo è uno fra i tanti modi di dire nei momenti di tensione. La Rai non ha niente da invidiare a nessuno».

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