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Isolata a Brescia la variante buona del coronavirus

Katia Perrini
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C'è una speranza che il coronavirus stia diventando meno aggressivo. E le buone notizie arrivano proprio dalla Lombardia, la regione più martoriata d'italia dal Covid. Una variante di virus Sars-CoV-2 «estremamente meno potente», più "buona", è stata isolata a Brescia nel Laboratorio di Microbiologia dell'Asst Spedali Civili, diretto dal presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), Arnaldo Caruso. «Mentre i ceppi virali che siamo stati abituati a vedere in questi mesi, che abbiamo isolato e sequenziato, sono "bombe biologiche" capaci di sterminare le cellule bersaglio in 2-3 giorni - spiega l'esperto all'Adnkronos Salute - questo per iniziare ad attaccarle ha bisogno minimo di 6 giorni»: il doppio del tempo. La notizia sarà oggetto di pubblicazione scientifica, ma Caruso vuole anticiparla «per lanciare un messaggio di speranza. Da virologo - prevede - queste varianti virali più attenuate dovrebbero diventare il futuro della probabile evoluzione di Covid-19». Che il nuovo coronavirus si stia indebolendo è sotto gli occhi di tutti, come dimostrano i bollettini quotidiani che riportano un numero di contagi progressivamente in calo, ma soprattutto le terapie intensive degli ospedali che via via si svuotano. «È tanto vero che sta perdendo forza - sottolinea Caruso, ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all'università degli Studi di Brescia - che ogni giorno vediamo tamponi naso-faringei positivi non più in modo forte, bensì debole». La prova molecolare di «infezioni molto leggere, quasi inapparenti. Si vede il virus in dosi molto, molto ridotte». «È successo però - racconta - che mentre ultimamente arrivano tutti questi tamponi con bassa carica virale, ce ne è capitato uno con carica molto alta e la cosa ci ha stupito». Una sorpresa ancora più grande considerando che «questo soggetto era completamente asintomatico. Siamo dunque andati a isolarne il virus, scoprendo che in coltura era estremamente più debole dei precedenti». Mettendolo cioè a contatto in vitro con cellule buone da aggredire, «non riusciva nemmeno a ucciderle tutte». Anzi, anche solo «per cominciare ad attaccarle necessitava di almeno 6 giorni», contro le «48-72 ore» sufficienti ai classici ceppi per finire tutte le cellule a disposizione. «Attenzione - avverte Caruso - non sappiamo ancora se e quanto circoli questa variante, né se sia geneticamente diversa dalle altre. Possiamo però dire che qualcosa sta succedendo». 

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