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Mascherine sospette in Bankitalia, la certificazione è in cinese

Filippo Caleri
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La fretta è una cattiva consigliera. Anche alla Banca d'Italia che, secondo la Cisl interna, stretta dalla necessità di dover fornire ai suoi dipendenti (specialmente a quelli degli stabilimenti che si occupano di fabbricare moneta) protezioni contro il Covid-19, avrebbe comprato mascherine di qualità incerta. Senza un marchio Ce, che è quello che garantisce la conformità alle regole di sicurezza europee, con scritte solo in cinese e un codice non comunitario.  Per approfondire leggi anche: Caos mascherine, Toninelli massacrato I lavoratori non hanno mancato di esprimere le loro perplessità sull'efficacia dei dispositivi forniti e hanno richiesto ai vertici del servizio Banconote, quello più interessato alle protezioni, i certificati che provassero la bontà dei prodotti. Ma «finora - spiega la Cisl Banca d'Italia in un comunicato - l'unico documento ricevuto ufficialmente dalla Banca è un catalogo di vendita della società Elogy, che risulta essere una piattaforma che vende servizi e-commerce». Dopo un'accurata analisi, però, dalla documentazione ricevuta si è potuti risalire solo alle caratteristiche ipotetiche del prodotto, alla disponibilità con i relativi prezzi e tempi di consegna. Insomma un semplice mix tra un'offerta economica e un catalogo. Un po' pochino secondo l'organizzazione sindacale. Che insieme agli organi deputati alla sicurezza aziendale, dopo un serie di approfondimenti, è riuscita solo a capire che le mascherine rispondono ufficialmente a certificazioni americane come Niosh-42cfr84 che certifica i facciali filtranti in classe N95 o cinesi come la Gb2626-2006 che certifica le maschere... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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