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Ha il tumore, le negano il bonus 600 euro. Così lo Stato umilia le partite Iva

L'assurdo caso di una 39enne di Prato che non può cumulare l'assegno di invalidità con il bonus

Massimiliano Lenzi
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Anziché pendere dalle parole dei virologi, tanti e vanesi, sempre sui media a parlare, il governo Conte e i suoi ministri dovrebbero occuparsi delle storie degli italiani in difficoltà. Della vita della gente e degli effetti perversi della burocrazia sulla nostra quotidianità. Perché burocrazia + virologia al comando = Paese sul lastrico. Oggi vi raccontiamo la storia di Serena Caramelli, 39 anni, di Prato che lavora come partita Iva nel settore del turismo a Firenze. Voi capirete che con il lockdown da quaranta e passa giorni il settore del turismo e i suoi lavoratori hanno serie difficoltà, sono fermi e non vedono un euro da mesi. Serena, oltre a fare i conti oggi con l'Italia bloccata dal virus, nel maggio scorso ha fatto una brutta scoperta. Le è stato diagnosticato un tumore al sistema linfatico. A seguito della diagnosi, le è stato poi riconosciuto un assegno di invalidità su base contributiva di 271 euro e 87 centesimi mensili. In questi mesi di crisi, ferma con il lavoro e da partita Iva quale è, Serena ha fatto richiesta del bonus di 600 euro previsto dal dl Cura Italia, che in realtà non cura una mazza e infatti Serena il bonus non lo ha ricevuto poiché secondo l'Inps l'assegno di invalidità «contributivo» (diverso da quello di invalidità civile) sarebbe incompatibile (con il bonus). Leggi anche: L'imprenditore esasperato a Conte e al governo: vi veniamo a prendere Noi de Il Tempo Serena Caramelli l'abbiamo intervistata, chiedendole come sta vivendo questo momento. «Sicuramente male. Sono una partita Iva che lavora nel turismo, gestisco appartamenti e siamo - spiega - praticamente fermi da più di due mesi. Ho riscossi i miei ultimi emolumenti a fine marzo dopodiché sono a zero. Al momento non c'è una prospettiva di ripartenza, non si sa né quando né come. E poi comunque prima che si riveda il turismo straniero ai livelli di prima del virus, con quegli introiti, passerà un sacco di tempo. Di fatto oggi la mia fatturazione è zero. Così ho fatto questa richiesta di bonus di 600 euro col mio commercialista e venerdì scorso alcuni colleghi mi hanno cominciato a chiamare per dirmi che a loro i soldi erano arrivati. Mi sono attivata per capire ed ecco la doccia fredda: c'è incompatibilità con l'assegno di invalidità di tipo contributivo che prendo, quindi che mi sono pagata coi miei contributi e che è di 271 euro e 87 centesimi al mese. Loro pensano che io possa vivere così? Non ci faccio neppure la spesa con questa cifra. Tra l'altro a informarmi è stato il mio commercialista perché dall'Inps non mi sono arrivate comunicazioni, niente. Non prevedere una cosa del genere, da parte di chi fa le norme, è incredibile. Non so come pensano che le persone che non lavorano - e magari hanno un piccolo contributo per aver avuto una malattia - possano campare in questi tempi difficili con 271 euro e 87 centesimi». E siccome la burocrazia non conosce confini alle proprie scorribande, il 17 aprile la presidenza del Consiglio ha scritto all'Inps chiedendo di riconsiderare il caso. In sostanza avrebbe chiesto ad un ente erogatore di interpretare la norma, evidentemente non troppo chiara. Nella lettera all'Inps della presidenza del Consiglio si legge: «Oggetto: Incompatibilità per i percettori di assegno ordinario di invalidità del bonus per lavoratori autonomi - Circolare INPS n. 47 del 2020». E ancora: «La circolare INPS n. 49 del 30 marzo contiene le istruzioni per la richiesta e la corresponsione delle indennità di cui agli articoli 27, 28, 29 30 e 38 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, e - al punto 7, terzo capoverso - dice espressamente che "(tali indennità) sono anche incompatibili con l'assegno ordinario di invalidità di cui alla legge 12 giugno 1984, n. 222". La previsione di tale incompatibilità suscita tuttavia alcune perplessità che ritengo opportuno segnalare. Anzitutto va infatti considerato che, per principio generale e in particolare nella presente situazione, le norme che concedono benefici dovrebbero essere interpretate nel senso più favorevole ai lavoratori e a maggior ragione in senso stretto per quanto riguarda la casistica delle incompatibilità. A conferma di ciò, l'articolo 31 del citato D.L. prevede due sole cause di incompatibilità: il divieto di cumulo tra le stesse e l'incompatibilità con il reddito di cittadinanza, senza rinvii ad altre norme». La missiva si chiude con la seguente frase: «Alla luce di quanto sopra, si propone che la circolare, nel punto indicato, sia oggetto di una nuova urgente riconsiderazione». Che aspettate, allora sbrigatevi! Avete già perso troppo tempo. Nel frattempo i deputati di Forza Italia Giusy Versace e Roberto Novelli stanno predisponendo un ordine del giorno che verrà presentato in occasione della conversione in legge del decreto per impegnare il governo e Conte a rivedere la norma già dal prossimo decreto, rendendo chiara la compatibilità tra le due prestazioni. Intanto, il tempo passa. E per Serena e per gli italiani la vita è sempre più difficile.

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