Era tutto scritto. La profezia di Kunstler sul coronavirus: "Si contageranno anche i medici"
James Howard Kunstler, scrittore e firma del New York Times, nel suo libro "Collasso" anticipava i rischi di una nuova influenza come la Spagnola del 1918, generata in Asia per l'allevamento in batteria
Nessuno può dire che la pandemia di coronavirus è stata un fatto inatteso e imprevedibile. Tra quelli che avevano messo ion guardia governi e opinione pubblica c'è lo scrittore statunitense James Howard Kunstler, saggista, giornalista e firma del New York Times. Il suoi libro Collasso. Sopravvivere alle attuali guerre e catastrofi in attesa di un inevitabile ritorno al passato (The Long Emergency: Surviving the Converging Catastrophes of the Twenty-first Century) pubblicato nel 2005 (Grove/Atlantic - Nuovi Mondi Media) in qualche modo prevede, in base ai dati a disposizione al momento della stesura del libro, una epidemia influenzale dalle conseguenze disastrose, originata in Cina e frutto delle più spregiudicate tecniche di allevamento in batteria. Per approfondire leggi anche: Il coronavirus durerà sette anni. Lo dicono le profezie di Papa Giovanni L'autore ragiona di "una grande paura" che aleggia nell'epidemiologia: che il retrovirus dell'Aids possa trovare altri mezzi di diffusione come attraverso le vie aeree, con conseguenze micidiali per la razza umana. Ma "l'influenza rappresenta una minaccia altrettanto potente per le popolazioni cresciute a dismisura grazie all'ipertrofia dei combustibili fossili del XX secolo lo anche se le sue modalità d'attacco sono molto diverse da quelle dell'AIDS. In primo luogo, l'influenza può uccidere in pochi giorni dal momento di l'infezione e non richiede comportamenti umani particolari per diffondersi. Per poter diffondere il contagio un virus non necessita d'altro che di vaste popolazioni cosmopolite", si legge in Collasso, "Il virus influenzale ha avuto origine negli uccelli acquatici selvatici, per poi diffondersi e mutare negli animali da cortile, e tende a compiere salti di specie verticali, colpendo prima i suini domestici, che fungono da stazioni riproduttive di trasferimento e poi l'uomo (...) - spiega Kunstler - Laddove le popolazioni umane crescono e più persone entrano in contatto con polli, anatre e maiali, aumenta enormemente la possibilità che si formino nuovi ceppi di influenza. Questo è in particolare il caso della Cina, dove una popolazione contadina di un miliardo di individui vive a stretto contatto con i propri animali. La malattia si diffonde facilmente con la tosse, gli starnuti o il contatto cutaneo. Viaggia ancora efficacemente negli uccelli selvatici, che si scambiano il virus con i loro cugini domestici". Il precedente più noto è la terribile influenza spagnola del 1918. "Si ritiene che la pandemia del 1918 abbia ucciso 10 milioni di persone in tutto il mondo compresi 675.000 americani. Molti di più si ammalarono ma sopravvissero. La 'spagnola' uccise più soldati che combattevano nelle trincee della guerra stessa. Per quello influenza morirono in un solo anno più persone che nei quattro anni di peste bubbonica dal 1347 al 1351", si legge nel volume. "Perfino il Presidente Woodrow Wilson la prese all'inizio del 1919 durante i negoziati del cruciale trattato di Versailles. Quelli che furono abbastanza fortunati da evitare il contagio ebbero comunque a che fare con le terribili misure sanitarie prese per contenere la diffusione della malattia. In pubblico si dovevano indossare mascherine di garza. Per evitare l'assembramento di persone i negozi non potevano fare saldi, i funerali erano limitati a quindici minuti", tutte limitazioni che oggi sembrano molto attuali. "La comparsa di un nuovo supervirus nell'ordine di quello del 1918 è attesa da tempo. In realtà, potremmo essere sfuggiti per poco a qualcosa di simile" nel maggio 1997 con l'epidemia di aviaria. E oggi? "Nonostante i progressi miracolosi della tecnologia medica, della mappatura a genetica e dell'immunologia, le nazioni del mondo non sono molto meglio preparate ad affrontare una grave epidemia di influenza di quanto non lo fossero nel 1918. Le epidemie di influenza sono molto difficili da neutralizzare. I vaccini antinfluenzali sviluppati in un dato anno sono notoriamente inefficaci contro i nuovi ceppi che possono manifestarsi l'anno successivo". E ancora: "Se una pandemia dovesse scoppiare oggi, le strutture ospedaliere ne sarebbero sopraffatte. Infermieri e medici rimarrebbero contagiati insieme al resto della popolazione". Sotto accusa ci sono i metodi di allevamento in batteria di animali con massicce dosi di antibiotici: "il prevedibile risultato è stata l'evoluzione di germi e batteri resistenti a quei farmaci, in particolare dei batteri responsabili dell'avvelenamento alimentare: la salmonella, l'E. coli e il campylobacter. Ci vogliono anni per mettere a punto, testare e ottenere l'approvazione di un nuovo antibiotico. Così, mentre le compagnie farmaceutiche stanno lentamente sviluppando nuove classi di potenti antibiotici, la resistenza si sviluppa a un ritmo ben più rapido. L'uso eccessivo di antibiotici nel bestiame è stato rispecchiato dall'uso smodato degli antibiotici nella medicina ufficiale". La natura si ribella all'uomo quando questa non viene rispettata.