Emergenza Coronavirus, ospedali in crisi: i "dottorini" stanno a guardare
Il virus blocca tutto: abilitazione rinviata per 5000 neolaureati tra cui 800 dottori che hanno già vinto il concorso
Il Coronavirus è diventato un problema anche per i medici che ancora non esercitano la professione. L'emergenza, infatti, ieri ha «sbarrato la strada a circa 5mila neo-laureati, di cui 800 vincitori del concorso Medici di medicina generale non ancora abilitati, che non potranno iniziare a lavorare o frequentare il corso di formazione post laurea», avverte l'Ente nazionale di previdenza ed assistenza dei medici e degli odontoiatri (Enpam). Perché proprio ieri la prevista prova di abilitazione «è stata rinviata a data da destinarsi». Un problema soprattutto «per i vincitori del concorso per l'accesso al corso di formazione specifica in medicina generale, non ancora abilitati alla data del concorso. Considerando che i posti a bando erano 1765, e che – secondo le stime dell'Associazione liberi specializzandi – il 40/45 per cento sono stati vinti da non abilitati, gli impossibilitati a iscriversi al corso sarebbero 800 - quantifica l'Enpam - Si tratterebbe quindi di un ulteriore blocco che di certo non migliora il problema della carenza di personale medico di cui soffre il Servizio sanitario nazionale, nel pieno di uno stress test storico e senza precedenti». In tutta Italia, infatti, mancano 56mila medici e 50mila infermieri dopo la chiusura di ben 758 reparti in 5 anni. Negli ospedali «il calo del personale medico è stato costante dal 2009 al 2014 (-0.66%; -930 unità l'anno), per subire una brusca accelerazione nel triennio 2014-2016 (-1.89%, pari a -2.027 unità)», calcola il sindacato Anaao. Specificando, poi, che «la media dei dirigenti medici ogni 100.000 abitanti è 190,95 unità, rispetto alla quale la Sardegna, la Valle d'Aosta e la Liguria si collocano ben al di sopra, al contrario di Lazio, Molise e Lombardia». Quest'ultima è proprio la Regione più esposta per i casi di Coronavirus, seguita dal Veneto. E anche per questa Regione l'Anaao segnala «il comportamento del Veneto, che presenta un tasso di medici ospedalieri (165) nettamente inferiore a quello dell'Emilia Romagna (186) o del Piemonte (192)». Ma il futuro si annuncia ancor meno roseo, con un ammanco di 17 mila e 836 camici bianchi nel prossimo quinquennio: «La proiezione al 2025 del numero di medici/100.000 abitanti evidenzia come nessuna Regione sia in grado di soddisfare i bisogni previsti», conclude l'Anaao, che segnala due record: «Il Molise ha il primato del taglio più pesante di personale medico negli anni, con ben 41% in meno dal 2005, seguito dal Lazio che, allo stato attuale, presenta una riduzione di 2.625 unità rispetto al 2006 (- 25%)». Ma tutta «la dotazione di personale sanitario pubblico nel Lazio è pari a 74,8 addetti ogni 10.000 abitanti, una dotazione inferiore del 32% rispetto alla media nazionale (109,9 addetti)», indica la Banca d'Italia. Più ravvicinato, invece, l'Sos per quanto riguarda i medici di famiglia. Segna 2 anni, infatti, il conto alla rovescia per cercare di tamponare la grande emorragia dei camici bianchi: «nei prossimi 5 anni smetteranno di lavorare 14.908 in tutta Italia e nel 2028 ne verranno a mancare 33.392 - quantifica la Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg) - Ma l'anno nero, in cui si registrerà il picco delle uscite, sarà il 2022: solo in quell'anno ne andranno in pensione 3.902. Sicilia, Lombardia, Campania e Lazio sono le Regioni che registreranno, sia nel breve sia nel lungo periodo, le maggiori sofferenze». Mentre negli ospedali le strutture più sovraffollate, come i Pronto Soccorso, sono paradossalmente quelle con più carenze di medici. A lanciare l'allarme è stata proprio la Società italiana medicina d'emergenza-urgenza (Simeu): nell'ultimo anno si è registrato un ulteriore «calo dei medici in servizio, pari al 10,8%. Tra vecchie e nuove carenze si può affermare che oggi nei Pronto Soccorso ne mancano 2000», denuncia il presidente Francesco Rocco Pugliese.