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Marco Vannini, il procuratore chiede un nuovo processo: "Vicenda disumana"

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Davide Di Santo
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Un nuovo processo per la morte di Marco Vannini. A chiederlo la pg della Cassazione Elisabetta Ceniccola che ha chiesto, nella requisitoria, di annullare la sentenza di appello per Antonio Ciontoli,  la moglie e i due figli, e fare un nuovo processo. La sentenza del terzo grado di giudizio è attesa in giornata. Per approfondire leggi anche: Beffati i genitori di Marco Vannini, tasse sul risarcimento che non c'è "Fu omicidio volontario con dolo eventuale", sostiene la pg. Il procedimento vede imputata l'intera famiglia Ciontoli, padre, madre e due figli. L'appello, a Roma, si è chiuso nel gennaio del 2019 con la pena del principale imputato, Antonio Ciontoli, passata da 14 a 5 anni, e la condanna a tre anni, come in primo grado, per la moglie, Maria Pizzillo, il figlio Federico e la figlia Martina. Secondo la ricostruzione agli atti, Ciontoli, nel 2015 sparò, in circostanze mai del tutto chiarite, al 21enne di Cerveteri. Il ragazzo morì, dissanguato, dopo una lunga agonia, portato in ospedale quasi due ore dopo lo sparo, perché Ciontoli nel timore di perdere il lavoro, aveva cercato di nascondere quanto accaduto. I fatti risalgono al 18 maggio 2015: Marco Vannini venne colpito dal proiettile sparato da una pistola che Ciontoli, padre della fidanzata del giovane, gli stava (forse) mostrando. La vittima venne portata in ambulanza presso il punto di primo soccorso di Ladispoli, quando le sue condizioni erano disperate: il proiettile infatti, aveva provocato gravi ferite interne. Ai soccorritori, i Ciontoli avevano detto una serie di bugie: che il giovane era scivolato, poi che aveva avuto un attacco di panico dopo uno scherzo, e che si era ferito con un pettine. Ciontoli, militare di carriera, ammise che il giovane era stato colpito, per errore, da un proiettile, solo davanti al medico di turno: la ferita che aveva sotto l'ascella destra, a prima vista, non lasciava pensare a un colpo di arma da fuoco, ma il giovane aveva perso oltre due litri di sangue. Il proiettile aveva ferito gravemente il cuore e i polmoni, ma se fosse stato trasportato subito in ospedale, secondo i periti del tribunale, con tutta probabilità si sarebbe salvato.  "Si tratta di una vicenda gravissima per la condotta degli imputati e addirittura disumana considerati i rapporti con la vittima. Marco era un ospite in quella casa e come tale andava trattato", ha detto nel corso della requisitoria il sostituto procuratore generale della Cassazione. "Marco Vannini non è morto per il colpo di pistola ma per i 110 minuti di ritardo nell'allertare i soccorsi. Tutti per ben 110 minuti  mantennero - ha sottolineato-  una condotta omissiva menzognera e reticente. La gravità della situazione era sotto gli occhi di tutti loro. Se metto una bomba su un aereo non posso dire che non volevo far morire delle persone. Nel caso di Marco Vannini il proiettile è come la bomba di quell'aereo".   All'udienza era presente anche l'ex Ministro della Difesa Elisabetta Trenta: "Sono qui per esprimere vicinanza alla famiglia di Marco. Come sempre ho fatto anche in passato. Spero nello stesso esito nel quale confidano i familiari di Marco", dice durante una pausa dei lavori. 

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