aveva 90 anni
Addio a Emanuele Severino, il filosofo condannato dalla Chiesa
Addio a Emanuele Severino, il filosofo condannato dalla Chiesa. Severino, uno dei maggiori filosofi italiani del secondo Novecento, famoso soprattutto per i suoi studi sull’ontologia, ha sostenuto che la storia dell’Occidente è storia del nichilismo, giacchè tutte le forme della cultura occidentale parificherebbero l’Essere al niente, negherebbero l’essere e, con l’essere, la ricerca della verità. Per uscire dal nichilismo, e salvare l’Occidente, bisognerebbe tornare alla concezione dei presocratici, precisamente di Parmenide, che affermava che «l’essere è e non può non essere». Un pensatore influente che negava la visione salvifica della Chiesa nei suoi scritti era inaccettabile per l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove ebbe la cattedra di filosofia teoretica dal 1954 al 1969. E così nel 1970, in modo plateale, dopo un processo dell’ex Sant’Uffizio che proclamò ufficialmente l’insanabile opposizione tra il pensiero di Severino e il cristianesimo, Severino fu cacciato dall’Ateneo fondato da padre Agostino Gemelli. Da allora radicalizzando le sue posizioni nichiliste ha sostenuto l’impossibilità di dirsi cristiano. Nato a Brescia il 26 febbraio 1929, dopo la maturità classica Severino si iscrive al corso di laurea in filosofia all’Università di Pavia, presso il Collegio Borromeo. Si laurea nel 1948 con Gustavo Bontadini, discutendo una tesi sul filosofo tedesco Martin Heidegger e la metafisica. Per approfondire leggi anche: Addio all'ingegnere filosofo Nel 1950 ottiene la libera docenza in filosofia teoretica; nel 1954 viene invitato ad insegnare all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove dal 1962 è professore ordinario di filosofia morale. In quello stesso anno esce «Studi di filosofia della prassi» in cui si dice che la fede è contraddizione perchè assume come incontrovertibile ciò che non si presenta come tale. «Dopo aver scritto ’Studi di filosofia della prassì, incominciai a rendermi conto che la mia presenza all’Università Cattolica era precaria», ha scritto Severino nel libro autobiografico «Il mio scontro con la Chiesa» (Rizzoli 2001). Con la pubblicazione di «Ritornare a Parmenide» (1964) e del relativo «Poscritt»o (1965), la sua posizione in Cattolica si fa ancora più critica: «Come potevo insegnare in un’Università libera e privata affermando che il cristianesimo è parte dell’alienazione essenziale dell’Occidente?» («La follia dell’angelo. Conversazioni intorno alla filosofia» Rizzoli, 1997). Nel 1970 entra nel Palazzo del Sant’Uffizio a Roma (ora Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede) per discutere con gli esperti incaricati di esaminare i suoi scritti: «La procedura adottata dalla Chiesa nei miei riguardi era la medesima di quella che essa aveva riservato a Galilei nel 1633. Per quanto ne sappia, da molto tempo la Chiesa non aveva adottato quelle procedure e in seguito non sarebbe più accaduto. Mi incuriosiva e un pò mi lusingava trovarmi nelle stesse sale dove quel grande - quel grande »uomo« - aveva vissuto ben altro. Ma il rapporto tra il destino della verità e la fede è essenzialmente più radicale del rapporto tra il sistema copernicano, e anzi tra la scienza moderna, e la fede» («Il mio ricordo degli eterni», Rizzoli 2011). Il responso, incluso negli Acta Apostolica, dichiara la incompatibilità della filosofia di Severino con la dottrina cattolica. Il filosofo Cornelio Fabro, ex definitore del Sant’uffizio, ha scritto che Severino «critica alla radice la concezione della trascendenza di Dio e i capisaldi del cristianesimo come forse finora nessun ateismo ed eresia hanno mai fatto». Recatosi all’Università CàFoscari di Venezia, insieme a Piero Treves (per la storia antica), Gaetano Cozzi (per la storia moderna), Adriano Limentani (per la filologia romanza) e a Giorgio Padoan (per la ketteratura italiana), Severino fonda il direttivo dell’allora istituenda Facoltà di Lettere e Filosofia. Dal 1970 al 2001 è professore ordinario di filosofia teoretica all’Università degli Studi di Venezia; fino al 1989 vi dirige l’Istituto di Filosofia, poi Dipartimento di Filosofia e Teoria delle Scienze. Dal 2005 è professore emerito della stessa Università. Dal 2002 collabora con la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, dove tiene il corso di ontologia fondamentale. L’editrice Adelphi e la Bur Rizzoli dedicano una collana alla pubblicazione delle sue opere, molte delle quali tradotte in varie lingue: inglese, francese, tedesco, spagnolo, olandese, portoghese, finlandese. Tra le sue numerose opere figurano: Note sul problematicismo italiano (1950); La struttura originaria (1957), Studi di filosofia della prassi (1962), Essenza del nichilismo (1972); Gli abitatori del tempo (1978); Legge e caso (1979); Le radici della violenza (1979); Destino della necessità (1980); A Cesare e a Dio (1983); La strada (1983); Il nulla e la poesia. Alla fine dell’età della tecnica (1990); Tautotes (1995); La gloria (2001); Storia, una gioia (2016); Il nichilismo e la terra (Mimesis, 2018). Ha pubblicato, inoltre, una storia divulgativa della filosofia (Filosofia antica, moderna, contemporanea, futura), e un manuale scolastico (Filosofia, 3 volumi). È collaboratore del «Corriere della Sera» da diversi decenni. Accademico dei Lincei, vincitore di molti riconoscimenti - tra gli altri: Premio Nietzsche, Tevere, Circeo, Guidarello, Columbus, premio per la filosofia 1998 della Presidenza del Consiglio, premio Grinzane Cavour-Cesare Pavese -, è Medaglia d’oro della Repubblica per i Benemeriti della Cultura e Cavaliere di Gran Croce. Numerosi gli allievi di grande rilievo scientifico e accademico: «In quegli anni, all’Università Cattolica, si era formato attorno a me un gruppo di giovani studiosi di talento. Si chiamavano Umberto Regina, Luigi Ruggiu, Mario Ruggenini, Carmelo Vigna, Arnaldo Petterlini, Umberto Galimberti, Salvatore Natoli, [Luigi] Vero Tarca, Italo Valent, Italo Sciuto, Luigi Lentini. A Venezia si è poi formato un altro gruppo, di altrettanto valore, tra cui Massimo Donà, Andrea Tagliapietra, Ines Testoni, Giorgio Brianese, Davide Spanio, Giulio Goggi, Raffaele Perrotta, Romano Gasparotti, Francesco Berto, Federico Perelda e altri ancora» («Il mio ricordo degli eterni», Rizzoli 2011). Nel 1951 Severino sposò Ester Violetta Mascialino, docente di latino e greco nei licei di Brescia, da cui ha avuto due figli, Federico e Anna; ha un nipote, Andrea.