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Ora la P3 è nata davvero. Ecco chi è il nuovo capo della loggia erede di Gelli

Bartolomeu Costantin Savoia

A metà dicembre la cerimonia inaugurale a Roma. C'era anche il faccendiere Ferramonti

Carlantonio Solimene
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Questa è una storia di grembiulini, compassi, paramenti. È una storia, insomma, di massoneria. Il 24 dicembre è per l'Italia un giorno importante. Non solo perché le famiglie si accingono a celebrare il Natale e il ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti comunica al premier Conte le sue dimissioni rischiando di terremotare il già fragile governo. Ma anche perché, più o meno in quelle stesse ore, sul canale YouTube della «Marea Loja Nationala Romana - 1880» (la Grande Loggia Nazionale Romena) viene pubblicato un video dal titolo evocativo: «Nuova Loggia Propaganda Massonica 3 (P3)». Si tratta di un filmato di circa venti minuti durante i quali il capo di quella loggia, il generale delle forze di terra romene Bartolomeu Constantin Savoiu, dà un annuncio deflagrante. A suo dire, la Loggia Propaganda Massonica 3, diretta emanazione della P2 di Licio Gelli, ha appena visto la luce e nei giorni precedenti, il 15 dicembre, ha celebrato a Roma la sua prima riunione operativa. A guidarla è, appunto, Savoiu, per volere dello stesso Gelli.  Millanterie di un mitomane? A scorrere nomi e circostanze che ricorrono in questa storia sembrerebbe di no. Partendo proprio dal generale romeno. Che in patria è presidente di un partito minore (Aliantia Lege si Ordine - Alleanza Legge e Ordine) il cui motto è «Dio è la patria». E in Italia sale alla ribalta della cronaca per la prima volta alla vigilia di Natale 2015. Licio Gelli è scomparso da pochi giorni e ad Arezzo si presenta proprio Savoiu. Che convoca i giornalisti in un albergo di periferia e mostra una lettera del «Venerabile» datata 20 settembre 2014 in cui Gelli nomina proprio il generale romeno suo «erede spirituale». «Ritengo - si legge nella missiva - che tu sia l'unico massone con le qualità adatte per continuare il percorso massonico e di moralizzazione della società intrapreso da me anni fa». Peccato che la moglie di Gelli, la cui presenza era annunciata nell'invito, diserti l'appuntamento. Sarebbe stata l'unica in grado di confermare l'autenticità della missiva.  Come che sia, dopo 4 anni Savoiu ha dato seguito all'invito - vero o falso che sia - del «Venerabile». E ha tagliato il nastro della P3. Nel video, registrato in quello che appare come uno studio in casa, oltre a mostrare e leggere la lettera di Gelli («ma l'originale è in un luogo sicuro») e la «bolla» della nuova P3, compaiono le istantanee della riunione romana. Impossibile identificare il luogo (un albergo?). Ma altri particolari, interessantissimi, si colgono. Soprattutto la figura che compare al tavolo dei relatori alla sua destra. Non serve esercitare la memoria, perché in una parte successiva del filmato (stavolta il generale è accanto a un albero di Natale) è sempre Savoiu a svelare l'arcano. Trattasi infatti di Gianmario Ferramonti, testè nominato Gran Maestro Aggiunto. Una sorta di «vice», insomma. Ma chi è Ferramonti? Qui la faccenda si complica. Perché il suddetto è uno di quei personaggi vissuti sempre al confine della storia ufficiale e di quella «occulta» in Italia. Ufficialmente, infatti, è un imprenditore e politico di origine bresciana. Nel '90 scende in campo con la Lega Nord e diventa amministratore della PontidaFin, cassaforte del Carroccio. Poi litiga con Bossi e fonda con il professore Miglio l'Unione Federalista. Nel frattempo partecipa alla creazione di Forza Italia, An e della Casa della Libertà. Non contento, prova a ricostruire la Dc con Giuseppe Pizza e, infine, partecipa alle ultime Europee nelle liste dei Popolari per l'Italia. Raccogliendo, invero, appena una cinquantina di voti nella circoscrizione Nord/Ovest.  Fin qui le vicende ufficiali. Ma Ferramonti è soprattutto il faccendiere che vanta legami strettissimi con massoneria e servizi che è entrato in buona parte dei misteri italiani degli ultimi anni. Senza - va però sottolineato - aver mai subìto una condanna giudiziaria. Ci andò vicino nel 1996, quando fu tra i 18 arrestati nell'ambito delle inchieste Phoney Money e Lobbyng aperte dal sostituto procuratore di Aosta David Monti e relative a una presunta organizzazione che riciclava denaro sporco sui mercati internazionali. L'inchiesta ebbe una certa eco mediatica perché ne furono sfiorati personaggi di primo piano come Silvio Berlusconi, Umberto Bossi, Roberto Maroni e, naturalmente, Licio Gelli, che a Ferramonti era legato da anni. Il polverone che si sollevò, però, finì con un nulla di fatto. Ad Aosta arrivarono gli ispettori del ministero, David Monti fu trasferito per incompatibilità ambientale e il presunto grande intreccio tra finanza, massoneria internazionale e politica fu archiviato. Successivamente il nome di Ferramonti, sempre senza rilievi penali, spuntò sia nelle indagini su presunti dossieraggi ai danni di Romano Prodi, sia - è storia recente - nel crac di Banca Etruria. Sarebbe stato lui, sollecitato da Flavio Carboni, a suggerire a Pier Luigi Boschi, papà di Maria Elena, alcuni nomi per i ruoli apicali della banca che stava affondando. «Spinte» che, però, non avrebbero prodotto gli esiti sperati.  Inciampi che non hanno certo marginalizzato Ferramonti. Che nella Capitale ha continuato a frequentare le persone che contano (politici, giornalisti Rai, imprenditori) e, qualche anno fa, si è dato anche da fare per sostenere l'ascesa di Trump, organizzando un tavolo a una cena della National Italian American Foundation, negli Usa.  In alcune interviste ha sempre negato di essere organico alla massoneria. Nel 2016 a Il Fatto Ferramonti disse: «Io ho contatti con tutte le massonerie perché non appartengo a nessuna massoneria. E ho rapporti con tutti i servizi segreti perché sono libero, non appartengo a nessun servizio segreto».  Se è vero quanto ha detto Savoiu nel suo video, ora Ferramonti ha deciso di rompere il tabù e ha preso direttamente le redini della nuova P3. Di certo, sembra essere uno che i retroscena italiani li conosce. In un'altra intervista a Il Fatto, stavolta del maggio 2019, prima delle Europee, pronostica: «Questo governo (il "gialloverde", ndr) non durerà a lungo, ma Mattarella non scioglierà le Camere. E il prossimo premier sarà ancora Giuseppe Conte. Senza la Lega, ma con ampie convergenze. Scommette?». Incredibile. In un'altra risposta «avvisa» Salvini: «Prima di arrivare al potere temo abbia combinato qualche guaio... ho paura che glieli faranno pagare». Il leader leghista è autorizzato a fare tutti gli scongiuri.    

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