Operazioni "sospette". Il Vaticano indaga
Acquisiti dai gendarmi documenti e pc nella Segreteria di Stato. L'inchiesta giudiziaria partita dalle denunce di Ior e Revisore generale
Un'indagine dell'autorità giudiziaria vaticana su operazioni finanziarie sospette «compiute nel tempo» dalla Santa Sede. L'«operazione trasparenza» avviata da Papa Francesco, sin dall'inizio del suo pontificato, entra nel vivo e non si fa remore nell'indagare su chi, finora, ha gestito la «cassa» dello Stato Vaticano. Ieri mattina i gendarmi si sono presentati negli uffici della prima sezione della Segreteria di Stato (una sorta di ministero per gli Affari Interni, diretto da ottobre 2018 da monsignor Edgar Peña Parra) e negli uffici dell'Autorità di Informazione Finanziaria (authority per la prevenzione e il contrasto del riciclaggio creata da Benedetto XVI e consolidata nel 2013 da Bergoglio, con a capo Tommaso Di Ruzza). Sono stati acquisiti vari documenti cartacei e digitali, attraverso il sequestro di computer e altri apparati elettronici. Ad autorizzare l'operazione è stato un decreto firmato dal Promotore di Giustizia del Tribunale Gian Piero Milano e dall'aggiunto Alessandro Diddi, che rappresentano l'autorità requirente, corrispondente all'ufficio del pubblico ministero nella giustizia italiana. L'acquisizione documentale, «di cui erano debitamente informati i Superiori, si ricollega - spiega un bollettino della sala stampa della Santa Sede - alle denunce presentate agli inizi dell'estate scorsa dall'Istituto per le opere di Religione (Ior, ndr) e dall'ufficio del Revisore Generale, riguardanti operazioni finanziarie compiute nel tempo». Sulla base di queste poche righe, per giunta criptiche, non è dato conoscere il genere delle operazioni sospette - una fonte dell'agenzia inglese «Reuters» ritiene si tratti di «transazioni immobiliari - né è dato sapere il periodo nel quale tali operazioni si sarebbero svolte. Potrebbero essere risalenti negli anni e solo ultimamente essere finite sotto la lente di ingrandimento dei nuovi vertici della Banca vaticana, rinnovati proprio da Papa Francesco dopo gli scandali che avevano coinvolto i presidenti precedenti, da Marcinkus (invischiato nel crack del Banco Ambrosiano), passando per Angelo Caloia (attualmente sotto processo davanti al Tribunale vaticano per peculato e autoriciclaggio), fino a Ettore Gotti Tedeschi (nel 2010 rimasto coinvolto in un'indagine della Procura di Roma per supposta violazione delle norme antiriciclaggio). A sporgere denuncia è stato, quindi, l'attuale presidente dello Ior, Jean-Baptiste Douville de Franssu, il direttore Gian Franco Mammì, nominato nel 2015 dal Santo Padre, e il revisore generale «ad interim» Alessandro Cassinis Righini, a cui di recente è stato conferito dal Pontefice anche il ruolo di «Autorità Anticorruzione». Il predecessore di Cassinis Righini, Libero Milone, pure lui designato direttamente da Bergoglio per fare pulizia nei conti vaticani, il 19 giugno 2017 si era dimesso (sulla base di un presunto rischio di arresto). Pochi mesi dopo, a dicembre, era stato «silurato» anche il «vice» di Mammì, Giulio Mattietti, a causa di «violazioni amministrative» di cui non si conoscono ancora i dettagli. In questa perenne ricerca di trasparenza, Papa Francesco lo scorso agosto ha rinnovato anche lo statuto della Banca vaticana, che raggiunge 112 Paesi nel mondo, ha circa 15 mila clienti e nel 2018 ha registrato 17,5 milioni di utili (la metà dell'anno precedente). La principale novità è l'introduzione di un revisore esterno (che può essere una persona fisica o una società), per la verifica dei bilanci secondo standard internazionali. È stata inoltre rafforzata la figura del prelato dello Ior, con il compito di promuovere «la dimensione etica» di amministratori e dipendenti, in coerenza con la missione dell'Istituto. «Forse si rimarrà un po' sorpresi dal confronto tra gli utili degli anni precedenti e l'utile di quest'anno - aveva fatto notare il prelato monsignor Battista Ricca - C'è però un aspetto positivo: ricordarci la secondarietà dell'Istituto e tenerlo al suo posto: troppi soldi rischiano di farci perdere il bene dell'intelletto e credere di essere quasi onnipotenti. Quest'anno non corriamo questo rischio». D'altronde, nella sua prima esortazione apostolica «Evangelii gaudium» («La gioia del Vangelo»), promulgata il 24 novembre 2013, Bergoglio aveva esplicitato il suo pensiero al riguardo: «Il denaro deve servire, non governare».