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"Il primo è stato un processo kafkiano, frutto di un depistaggio scientifico"

Nell'aula bunker di Rebibbia è iniziata la requisitoria del pm contro i 5 carabinieri imputati

Valeria Di Corrado
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"Il primo processo sulla morte di Stefano Cucchi è stato un processo kafkiano, frutto non di sciatteria, ma di un depistaggio scientifico fatto a 360 gradi, perché si stava giocando un'altra partita". È iniziata così la requisitoria del sostituto procuratore Giovanni Musarò nel processo bis sulla morte di Cucchi che si sta celebrando nell'aula bunker di Rebibbia a Roma e che vede alla sbarra cinque carabinieri,  tre dei quali (Di Bernardo, D'Alessandro e Tedesco) accusati di omicidio preterintenzionale. "È stato un processo kafkiano - ha precisato il pm, affiancato dal procuratore capo facente funzione Michele Prestipino - perché gli attuali imputati (ossia i carabinieri, ndr) erano seduti sul banco dei testimoni, gli agenti della penitenziaria ora testimoni in questo procedimento erano accusati di un pestaggio che non hanno commesso, in cui la vittima aveva evidenti fratture lombari inspiegabilmente sfuggite a grossi professori universitari chiamati come consulenti e con un catetere applicato, dicevano allora i medici, per comodità".  La catena delle "false verità", secondo l'accusa, è iniziato con il falso verbale di arresto nei Cucchi nella caserma della stazione Appia la notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009. Tra queste di "false verità" c'è anche il fatto che il 31enne morto il 22 ottobre di dieci anni fa "è stato fatto passare per un tossico, sieropositivo e anoressico. Invece Cucchi - ha spiegato il pm - ha perso sei chili in sei giorni: da 43 chili al momento dell'arresto a 36 chili quando era sul tavolo dell'obitorio. Questo calo ponderale è riconducibili al fatto che non riusciva a mangiare a causa del trauma che gli era stato provocato con il pestaggio".  "Noi non avevamo tesi precostituite durante le indagini, iniziate nel novembre 2014, cercavamo solo la verità - ha sottolineato Musarò - Lo dimostra il fatto che sono stati intercettati tutti, anche i testi dell'accusa, compresi il carabiniere Casamassima e Anna Carino (moglie di uno degli imputati, ndr)". Nella requisitoria è stata ripercorsa anche la testimonianza di un detenuto, Luigi Lainà, che aveva incrociato Cucchi nel centro clinico del carcere Regina Coeli la mattina del 17 ottobre 2016: "Stava acciaccato de brutto. Era gonfio come una zampogna sulla Marte destra del viso. Gli feci alzare la maglia e vidi che aveva la schiena viola, sembrava una melanzana. Pure a me mi hanno massacrato, ma mai così. Puo essere stato un folle o più folli, o una persona senza scrupoli. Non riusciva a parlare, né a bere o mangiare. Gli chiesi: ma è stata la penitenzieria? E lui mi rispose: no, sono stati due carabinieri in borghese di quelli che mi hanno fatto l'arresto. Aggiunse che si erano divertiti a picchiarlo".

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