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Verso il processo chi pubblicò le foto del "lato B" della Leotta

Diletta Leotta

I due direttori di "Eva Tremila" sono accusati di non aver denunciato il furto

Andrea Ossino
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Quegli scatti «hot» custoditi lontano da occhi indiscreti avevano fatto ugualmente il giro del web, venendo anche acquistati da alcuni giornali. Per questo motivo Diletta Leotta, avvenente presentatrice della piattaforma tv «Dazn», aveva bussato alla porta della polizia postale, dando vita a due diversi fascicoli.  Del primo se ne occupano i magistrati della Procura dei Minori di Milano, che hanno iscritto un sedicenne sul registro degli indagati: ritengono sia l'autore dell'accesso abusivo al «cloud» (una memoria virtuale) della giornalista classe 1991. Il secondo fascicolo invece è a Roma, dove il sostituto procuratore Carlo Villani ha appena firmato il decreto di conclusione delle indagini, atto che solitamente precede la richiesta di rinvio a giudizio, nei confronti di Roberta Damiata e Ugo Consolazione. Il direttore editoriale e il direttore responsabile del settimanale «Eva Tremila» sono accusati di «omessa denuncia di cose provenienti da delitto». Secondo il pm i due indagati avrebbero saputo con certezza «l'illecita provenienza» di quegli scatti che ritraevano «da dietro Diletta Leotta in topless», si legge negli atti.  Nel settembre 2017 infatti, l'avvocato della Leotta, ovvero la sorella Federica, aveva mandato una mail al settimanale in cui spiegava che quelle foto erano provento di furto. Nulla da fare, i due avrebbero pubblicato ugualmente le immagini a pagina 31 del numero 37 della rivista. Per questo motivo, il 21 febbraio scorso, la Leotta era stata ascoltata in Procura. In quell'occasione aveva spiegato che le foto, originariamente destinate al suo fidanzato, erano state sottratte dal «cloud» del suo telefono e avevano fatto il giro del web, divenendo subito «trend topic» (ossia tra i contenuti più «cliccati»). Del resto la donna sui social è seguita da oltre 4 milioni di «followers». «Il pensiero è rivolto a ragazze più giovani, magari meno solide – aveva spiegato la vittima al momento del furto - Ho cercato di condividere l'esperienza sul fatto che chiunque distribuisce con leggerezza una foto privata, magari di un amico, di una fidanzata o di una ex, senza chiedere il suo consenso, commette un reato». Poi, a distanza di mesi, aveva chiosato: «Rifarei quelle foto e soprattutto farei più attenzione alle password dei miei account». Da oggi, invece, gli indagati faranno più attenzione alle foto da pubblicare.

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