Il caso
Muore senza riuscire a incassare la vincita al Totocalcio
Quando ancora non esistevano Superenalotto e «Gratta e vinci» di tutti i tipi era il sogno di ogni giocatore. A parte la Lotteria Italia, infatti, il 13 sulla schedina del Totocalcio era l’unica «scommessa» legale che permetteva di diventare milionari da un giorno all’altro. E Martino Scialpi, un commerciante ambulante di Martina Franca, in provincia di Taranto, era sicuro di esserlo diventato. Aveva vinto un miliardo di lire. Ma la sua fortunata schedina non era mai arrivata all’archivio del Totocalcio, o almeno così ha sostenuto il Coni davanti alle sue ripetute richieste di incassare il denaro. Era il primo novembre del 1981. Scialpi, a quel punto, ingaggiò una battaglia giudiziaria per ottenere la vincita, che con l’introduzione dell’euro e la dovuta rivalutazione oggi corrisponderebbe ad una decina di milioni della moneta europea. Nei giorni scorsi, però, la sua guerra è finita insieme con la sua vita, e Scialpi se n’è andato dopo trentotto anni senza poter ottenere ragione. L’uomo, che di anni ne aveva 67, nell’87 fu anche processato, ma assolto in via definitiva, dall’accusa di truffa e gli venne restituita la schedina originale da lui giocata più di un lustro prima. Assistito dall’avvocato Guglielmo Boccia, il commerciante continuò la sua battaglia giudiziaria che, negli ultimi tempi sembrava essere a una scolta, per lui positiva. In questi quattro decenni scarsi Scialpi ha sborsato fra viaggi, spese legali per raggiungere i tribunali di mezza Italia, circa 500 mila euro, più di quanto corrispondeva in origine alla sua vincita in lire. Qualche anno fa aveva anche scritto un libro sulla sua «fortunata disavventura», dal titolo «Ho fatto 13». Probabilmente sarebbe riuscito a farcela, se la morte non avesse interrotto la sua «crociata», che ora forse gli eredi proseguiranno per ottenere i soldi che lui era convinto gli spettassero. Per conseguire, almeno, una vittoria «alla memoria».