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Rivolta dei terremotati contro Conte

I sindaci del cratere stufi delle promesse a vuoto: "Riscrivere le regole della ricostruzione". Il governo aveva preso impegni solenni ma poi non ha fatto nulla. E adesso arriva il conto

Franco Bechis
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In nove mesi il governo di Giuseppe Conte per i terremotati del Centro Italia ha partorito una sola cosa: una poltrona, quella del nuovo commissario straordinario, Piero Farabollini. Per tre governi di fila (quello di Matteo Renzi, quello di Paolo Gentiloni e appunto quello Conte) il solo risultato è stato sempre quella poltrona, dove si sono seduti di volta in volta i commissari di fiducia: prima Vasco Errani, poi Paola De Micheli e ora Farabollini. Non si ricorda una gestione post terremoto così disastrosa negli ultimi 20 anni. Per vedere di peggio bisogna risalire al Belice e al terremoto di Irpinia, due gestioni che purtroppo sono ancora aperte dopo tanti lustri. Ma siccome chi è al governo oggi prima stava all'opposizione e giustamente puntava il dito contro l'immobilismo delle autorità in quelle zone, il fatto che ci si comporti nello stesso identico modo dei predecessori, non facendo nulla è doppiamente colpevole. Hanno ragione a rivoltarsi i sindaci dei 138 comuni del cratere, che non sanno più come rassicurare la propria gente. La paralisi nella ricostruzione è davvero incredibile, ma c'è di peggio: ancora non sono state portate via e smaltite da gran parte dei comuni le macerie, che finché stanno al loro posto ovviamente impediscono di progettare le nuove cittadine, i borghi e i paesi distrutti. Da due mesi e mezzo l'ufficio del commissario ha da firmare il nulla osta per la raccolta delle macerie nella zona umbra del cratere. E non firma nonostante ci sia già una azienda municipalizzata pronta a raccoglierle e smaltirle. Da mesi il ministero dell'Economia sta bloccando la procedura del sisma bonus, perché teme di perdere gettito e non riesce a calcolare quanto ne riacquisterebbe una volta partita la ricostruzione. Non si sta muovendo un solo sasso in quelle zone, che per altro sarebbero anche una speranza per ricostruire un pizzico di quel Pil che in Italia si sta disintegrando. I terremotati stanno passando il terzo inverno in quelle casette di fortuna, dove spesso non funzionano riscaldamento e acqua calda, chiuse in comunità dove le sole cose che alleviano un po' la loro vita vengono dalle donazioni e contribuzioni private. Raramente si è vista una assenza dello Stato italiano come in questa occasione, ed è un vuoto che allarga le ferite ancora di più, e fa ribollire una rabbia più che giustificata perché ogni volta il nulla viene accompagnato da sempre più roboanti e miracolistiche promesse. È una rabbia che monterà sempre di più: li volevate i gilet gialli in Italia? Eccoli qui. Per ora i sindaci, poi li seguiranno quel che resta di quelle comunità. Ma non sono alleati dei Luigi Di Maio e dei Matteo Salvini. Ora puntano le loro fragili ruspe verso i palazzi inutili di questo governo.

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