il delitto di pamela mastropietro
Rivelazioni choc di un pentito: Oseghale è della mafia nigeriana, mi offrì 100mila euro
Rivelazioni choc sul caso di Pamela Mastropietro, la 18enne romana uccisa e fatta a pezzi a Macerata. A fornire dettagli inediti sugli ultimi attimi di vita della ragazza, a Storie Italiane su Rai1, è la moglie del collaboratore di giustizia con cui Innocent Oseghale, presunto assassino della giovane, si sarebbe confidato in carcere. “Pamela, il giorno in cui se ne andò dalla comunità, pagò la droga a Desmond Lucky con una collanina d’argento che le aveva regalato la mamma. Oseghale le diede due euro per comprare la siringa. Desmond voleva un rapporto con Pamela e Oseghale, ma Pamela, seppur sotto l’effetto della droga, si rifiutò - ha raccontato la donna - Si alzò dal divano e respinse Desmond. Lui le diede uno schiaffo e Pamela cadde vicino al seggiolone della figlia di Oseghale, battendo la testa. Desmond allora se ne andò. Oseghale le gettò dell’acqua in faccia per risvegliarla. A quel punto la spogliò e abusò di lei. Quando Pamela si riprese minacciò di chiamare la Polizia e si avvicinò alla porta per scappare. Cercò di difendersi graffiando Oseghale al collo. Lui, in preda alla rabbia, accoltellò Pamela, la lasciò che stava malissimo e in preda alla paura uscì per cercare Desmond. Voleva farsi aiutare ma Desmond si rifiutò. Oseghale tornò a casa convinto che Pamela fosse morta. Quando si accorse che non era così la colpì di nuovo e poi iniziò a sezionare il corpo per nasconderlo in due valigie”. La donna, la cui identità è stata celata per ragioni di sicurezza, durante la diretta ha spiegato: “Il 5 luglio scorso mio marito è stato portato nel carcere di Marino del Tronto. Mio marito è stato ubicato in una sezione con due celle, in una c’era lui insieme ad un altro collaboratore di Palermo, nell’altra il nigeriano Innocent Oseghale. Nonostante mio marito stia scontando una lunga pena, non ha mai tollerato certi reati. L’8 luglio incontrò Oseghale e lo insultò, ci fu un’aggressione, le guardie lo allontanarono. In quei giorni mio marito stava collaborando a processi importanti, per gli interrogatori veniva trasferito in modo diverso dagli altri detenuti. Oseghale, vedendo quel trattamento, si rivolse a uno dei suoi compagni di cella per riappacificarsi con lui. Mio marito accettò di conoscerlo, Oseghale gli chiese scusa, voleva il suo aiuto. Fu così che iniziò a confidarsi, mio marito avvisò subito un ispettore del carcere e un brigadiere. Riferì agghiaccianti rivelazioni. Il 19 luglio, durante un interrogatorio, disse tutto ciò che aveva saputo". E aggiunge: "Oseghale disse a mio marito che se lo avesse aiutato gli avrebbe fatto arrivare 100mila euro da Castel Volturno. Oseghale gli propose di fare da testimone in sua difesa. Avrebbe dovuto testimoniare che Pamela era morta di overdose”. Riguardo al possibile legame tra Oseghale e la mafia nigeriana, il cui centro di smistamento in Italia – secondo le testimonianze al vaglio degli inquirenti – sarebbe proprio nella provincia napoletana di Castel Volturno, la moglie del collaboratore di giustizia ha aggiunto: “Oseghale rivelò a mio marito di essere un referente della mafia nigeriana a Macerata e di appartenere a un gruppo criminale chiamato Black Cats. Gli fece vedere dei segni incisi sull’addome, simbolo di affiliazione a questa organizzazione criminale nigeriana. Voleva entrare in affari con mio marito. In carcere aveva molta disponibilità economica. Gli disse anche che lui era ritenuto insospettabile in quanto compagno di una ragazza italiana”. A un anno esatto dalla morte della figlia, Alessandra Verni, madre di Pamela Mastropietro, ha scelto il programma di Eleonora Daniele per affidare un messaggio rivolto al presunto assassino. “Parla Oseghale, parla perché tanto non hai scampo, né tu, né i tuoi complici”, ha detto la mamma commossa alle telecamere di Storie Italiane su Rai1. Rispetto alla lettera di scuse di Oseghale, la mamma di Pamela ha ribadito che: “Sono solo parole inutili da un demonio del genere”. Poi ha ricordato l’unico incontro con il presunto omicida in tribunale: “L’unica volta che ha alzato lo sguardo è quando mi ha visto entrare nell’aula. Ha visto la maglietta con la foto di mia figlia. In quel momento in lui ho visto soltanto paura. Paura perché scopriremo tutta la verità”.