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Per il Censis siamo nel "sovranismo psichico": "Italiani più cattivi e xenofobi"

La famiglia cambia. Meno matrimoni, crescono i single

Davide Di Santo
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"L'Italia è preda di un sovranismo psichico", gli italiani sono spaventati e arrabbiati per la mancata ripresa e i migranti diventano il capro espiatorio. È la fotografia di un Paese "incattivito" che emerge dal 52esimo Rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese. Per il 75% degli italiani gli immigrati - segnala il Rapporto - fanno aumentare la criminalità, per il 63% sono un peso per il nostro sistema di welfare. Solo il 23% degli italiani ritiene di aver raggiunto una condizione socio-economica migliore di quella dei genitori. E il 67% ora guarda il futuro con paura o incertezza. Il potere d'acquisto delle famiglie ancora giù del 6,3% rispetto al 2008. E ancora emergenza lavoro: scompaiono i giovani laureati occupati (nel 2007 erano 249 ogni 100 lavoratori anziani, oggi sono appena 143). Per il Rapporto "il sovranismo psichico" ha quindi ragioni sociali ed economiche, e dopo il rancore è arrivata "la cattiveria". "La delusione per lo sfiorire della ripresa e per l'atteso cambiamento miracoloso ha incattivito gli italiani", avverte il Censis, aggiungendo: "Ecco perché si sono mostrati pronti ad alzare l'asticella. Si sono resi disponibili a compiere un salto rischioso e dall'esito incerto, un funambolico camminare sul ciglio di un fossato che mai prima d'ora si era visto da così vicino, se la scommessa era poi quella di spiccare il volo". Da qui le scelte politiche nuove: "Non importa se si rendeva necessario forzare gli schemi politico-istituzionali e spezzare la continuità nella gestione delle finanze pubbliche. E' stata quasi una ricerca programmatica del trauma, nel silenzio arrendevole delle elite, purché l'altrove vincesse sull'attuale". Per il Censis siamo di fronte ad "una reazione pre-politica con profonde radici sociali, che alimentano una sorta di sovranismo psichico, prima ancora che politico. Che talvolta assume i profili paranoici della caccia al capro espiatorio, quando la cattiveria - dopo e oltre il rancore - diventa la leva cinica di un presunto riscatto e si dispiega in una conflittualità latente, individualizzata, pulviscolare". Perché tutto questo? Per il Rapporto del Censis "il processo strutturale chiave dell'attuale situazione è l'assenza di prospettive di crescita, individuali e collettive". Infatti "l'Italia è ormai il Paese dell'Unione europea con la più bassa quota di cittadini che affermano di aver raggiunto una condizione socio-economica migliore di quella dei genitori: il 23%, contro una media Ue del 30%, il 43% in Danimarca, il 41% in Svezia, il 33% in Germania". E non pare esserci più speranza per un futuro migliore: "Il 96% delle persone con un basso titolo di studio e l'89% di quelle a basso reddito sono convinte che resteranno nella loro condizione attuale, ritenendo irrealistico poter diventare benestanti nel corso della propria vita". Molta delusione anche per il promesso cambiamento, sottolinea il Censis: "Il 56,3% degli italiani dichiara che non è vero che le cose nel nostro Paese hanno iniziato a cambiare veramente. Il 63,6% è convinto che nessuno ne difende interessi e identità, devono pensarci da soli (e la quota sale al 72% tra chi possiede un basso titolo di studio e al 71,3% tra chi puo contare solo su redditi bassi)". Da tutto questo deriva "la insopportazione degli altri che sdogana i pregiudizi, anche quelli prima inconfessabili". Così "le diversità dagli altri sono percepite come pericoli da cui proteggersi: il 69,7% degli italiani non vorrebbe come vicini di casa i rom, il 69,4% persone con dipendenze da droga o alcol. Il 52% è convinto che si fa di più per gli immigrati che per gli italiani, quota che raggiunge il 57% tra le persone con redditi bassi". Questi - avverte il Censis - "sono i dati di un cattivismo diffuso che erige muri invisibili, ma spessi" e "rispetto al futuro, il 35,6% degli italiani è pessimista perché scruta l'orizzonte con delusione e paura, il 31,3% è incerto e solo il 33,1% è ottimista". Ci si sposa sempre meno e ci si lascia sempre di più. E' quanto emerge dal rapporto Censis 2018 sulla situazione sociale del Paese. Dal 2006 al 2016 i matrimoni sono diminuiti del 17,4%, passando da 245.992 a 203.258. A diminuire sono soprattutto le nozze religiose (-33,6%), mentre quelli civili sono aumentati del 14,1%, fino a rappresentare il 46,9% del totale. Le separazioni, invece, sono aumentate dalle 80.407 del 2006 alle 91.706 del 2015 (+14%), mentre i divorzi, anche per impulso della legge sul 'divorzio breve', raddoppiano letteralmente, passando dai 49.534 del 2006 ai 99.071 del 2016 (+100%). E cresce anche la 'singletudine': le persone sole non vedove sono aumentate del 50,3% dal 2007 al 2017 e oggi sono poco piu' di 5 milioni. L'aumento dei matrimoni civili, secondo il Censis, e' in qualche modo connesso alla maggiore fragilita' delle unioni, dal momento che su questo incremento hanno un peso consistente le seconde nozze (e successive), pari nel 2016 a 37.942 e in aumento del 19,1% rispetto al 2006, fino a rappresentare ormai il 18,7% del totale. Appare, infatti, in crescita la tendenza a riprovarci, gli uomini piu' frequentemente delle donne (con il 68% di sposi con precedenti esperienze matrimoniali sul totale dei secondi matrimoni contro il 60% delle spose). La quota di coniugati, dunque, si assottiglia (dal 1991 al 2018 gli uomini passano dal 51,5% al 48,2% del totale, le donne dal 49,5% al 46,3%), mentre cresce la quota di celibi (dal 45,4% al 46,9%) e di nubili (dal 37,6% al 38,6%), assieme ai divorziati (dallo 0,5% al 2,3%, oggi poco meno di 700 mila) e alle divorziate (dallo 0,8% al 3,2%, poco meno di un milione). Nonostante le nuove modalita' di convivenza si siano diffuse rapidamente - dal 2007 al 2017 sono praticamente raddoppiate le coppie non coniugate e sono piu' di un milione le famiglie ricostituite - le persone sole non anziane sono quelle che hanno fatto registrare un incremento maggiore (+43,4% dal 2007 al 2017, quando hanno raggiunto i 4,3 milioni), assieme alle persone sole non vedove (+50,3%, poco piu' di 5 milioni). La 'singletudine', insomma, aumenta di piu' proprio tra i non anziani. 

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