ai tempi dei social
A lezione d'amore col prof Ercolani: "Così preveniamo violenza e bullismo"
di Valentina Pelliccia
Sbarca a scuola l'ora di Educazione sentimentale. In Piemonte e poi nelle Marche, gli studenti delle classi IV e V delle scuole superiori studieranno le emozioni. Infatti, su iniziativa del consigliere regionale del Piemonte Gabriele Molinari e dell’Associazione culturale Filosofia in Movimento, è stato approvato e avviato il progetto di "Educazione sentimentale", che si svilupperà a fine novembre in corsi tenuti dal professor Paolo Ercolani (docente di filosofia dell’educazione all’Università di Urbino) e dalla psicoterapeuta Giuliana Mieli dapprima nelle scuole piemontesi e poi in quelle delle Marche. "Possiamo dire che si tratta di operare un’alfabetizzazione emotiva e relazionale - afferma il professor Ercolani - soprattutto nei confronti delle giovani generazioni, ormai sempre più abituate a guardare la vita attraverso gli schermi colorati dei propri smartphone, piuttosto che a sentire quella che gli accade intorno". In cosa consiste il progetto di "Educazione sentimentale"? "Insieme all’Associazione culturale che ho contribuito a fondare (Filosofia in Movimento) e al consigliere regionale del Piemonte Gabriele Molinari, abbiamo ripreso una proposta contenuta in un mio fortunato libro ("Contro le donne. Storia e critica del più antico pregiudizio", Marsilio 2016), e l’abbiamo trasformata in un progetto strutturato in cui io stesso e la psicoterapeuta Giuliana Mieli andremo nelle Scuole d’Italia che aderiranno al progetto. Rivolgendoci alle classi IV e V proveremo a raccontare loro perché la nostra società, con tutto quello che ne consegue, ha formato e sta formando ragazzi e ragazze sempre meno in possesso degli strumenti per allacciare delle relazioni sane ed equilibrate. La nostra intenzione è quella di sensibilizzare gli studenti a questo problema e di fornire loro proprio quegli strumenti". A chi è rivolto e quali sono le regioni coinvolte? "Per ora hanno aderito il consiglio regionale del Piemonte e la Regione Marche, quest’ultima attraverso la Commissione Pari Opportunità. Ma siamo in contatto con personalità di altre regioni che si sono dette estremamente interessate. Siamo solo al nastro di partenza, ma contiamo di ampliare un progetto di cui siamo convinti ci sia un gran bisogno. Basta limitarsi a piangere per le vittime di violenze e abusi, cominciamo ad agire là dove originano molti dei problemi che aprono le porte al conflitto". Com'è strutturato? "Il progetto è strutturato secondo una modalità seminariale e avrà una durata di tre ore frontali per ogni gruppo di studenti, più la possibilità per questi ultimi di intervenire e interloquire (fra loro ma anche con i docenti del corso) in uno spazio apposito online messo a disposizione da Filosofia in Movimento. La prima ora interverrò io, la seconda la dottoressa Giuliana Mieli, la terza sarà dedicata al dialogo/dibattito con gli studenti. Considerato l’alto numero di adesioni che stanno pervenendo, ne avremo per tutto l’inverno e buona parte della primavera, almeno per quest’anno che è il primo. Poi faremo tesoro dell’esperienza e potenzieremo il progetto negli anni successivi". Come mai ha sentito la necessità di dar vita a questo progetto? "Perché mi era sempre più chiaro che nella nostra società ci si strappano le vesti e ci si dispera in seguito a fatti di cronaca che portano alla luce violenza e rapporti patologici, senza però andare ad analizzare in profondità le cause che stanno dietro a tutto ciò. Credo sia ora di porre fine a questa lacuna, e con molta umiltà proveremo a invertire la rotta". Come mai è stato definito "estremamente complicato nei contenuti, nella scelta delle persone chiamate ad intervenire nelle classi?" Perché l’Italia è un paese splendido ma per molti versi sfortunato. Una delle sue sfortune consiste nella presenza di sacche colme di fanatismo e integralismo, per cui quando qualcuno propone un qualsiasi progetto ci sono sempre alcune persone pronte a fare rumore per contestare questo o quell’altro aspetto del progetto stesso. Senza contare che, in questo caso, ha giocato un ruolo notevole l’equivoco dell’educazione sessuale. Nulla di più lontano dalle nostre intenzioni. Noi intendiamo operare in un ambito che precede di gran lunga la realizzazione concreta dei rapporti sessuali fra i ragazzi, vogliamo per così dire porre delle fondamenta solide affinché quei ragazzi possano vivere come meglio credono la propria sessualità, ma senza farsi del male o farne agli altri. Ritiene che la scuola abbia perso la sua centralità? Qual è l'importanza di percorsi educativi all'interno della scuola? Tutt’altro, riteniamo invece la Scuola centrale, tanto è vero che andiamo proprio nelle scuole. Semmai è la politica a essere latitante o disastrosa, con pessime riforme della Scuola e l’incapacità che c’è stata per decenni di introdurvi prima l’educazione sessuale poi quella sentimentale. Un Paese che rinuncia all’educazione si autocondanna a essere popolato da barbari, questa la mia idea, e temo che ne stiamo avendo sempre più conferme dai fatti di cronaca cui ci tocca assistere in ogni ambito. Ritiene che l'Italia sia molto indietro per quanto riguarda il ruolo educativo? "Discorso lungo e complesso. Mettiamola così: per quanto riguarda l’educazione sentimentale Italia e Grecia sono i soli grandi paesi europei in cui essa non è prevista nei programmi scolastici. Credo che la cosa sia sintomo di un problema che va affrontato". Secondo lei quali possono essere le conseguenze di una assenza o carenza di "educazione sentimentale"? "Bullismo, violenza di genere e abusi in genere, ma anche depressione, solitudine e incapacità relazionali di vario genere per i nativi digitali, che spesso preferiscono la comoda, protetta ma finta dimensione della vita virtuale alle difficoltà più intense e vere di quella reale. In questo modo si stanno trasformando in «solitudini comunicanti», persone connesse (online) ma non in relazione (nella vita reale). Una vera e propria mutazione antropologica che dobbiamo contenere attraverso una rialfabetizzazione alle modalità specifiche del vivere e sentire umano, sempre più stravolte da smartphone e nuove tecnologie". Considera i social network in chiave negativa? Cosa consiglia a riguardo ai genitori e agli stessi ragazzi? "Non sono negativi in senso assoluto, ma sicuramente presentano molte problematiche di cui fanno le spese soprattutto le generazioni più giovani. Bisogna finirla con l’apologia acritica delle tecnologie digitali e riscoprire un pensiero critico in grado di contenerne gli effetti deleteri. Un consiglio ai genitori è questo: prendetevi più cura dei vostri figli e non li abbandonate a queste «bambinaie elettroniche» che sono le tecnologie digitali. Sono comode, certo, e spesso dispensano dal difficile lavoro di fare i genitori. Ma la Storia insegna che ogni facile soluzione prevede dei costi molto alti. E se proprio non si vuole ricordare la Storia, allora ci si rilegga la favola di Pinocchio"... Con questo progetto si intende sviluppare anche la c.d. "intelligenza emotiva" dei ragazzi? "Specialmente quella che Goleman chiamava «intelligenza emotiva», sì. Necessaria sempre, ma mai così tanto come in un’epoca in cui le macchine pensano, conoscono, comunicano con gli altri e fanno miliardi di altre cose al posto nostro. Di fronte a un eccesso di intelligenza artificiale, è un compito vitale dell’umanità quello di tenere accesa la fiammella dell’intelligenza umana, che è anche intelligenza emotiva". Quali sono le aspettative? "È presto per dirlo, siamo al primo anno e sicuramente dovremo aggiustare tante cose. Per il momento le aspettative fondamentali sono quelle di sensibilizzare la politica e le scuole su una questione centrale per le nostre società e i nostri ragazzi. Quindi di cominciare ad allertare questi ultimi rispetto all’abuso di smartphone e tecnologie varie, fornendogli gli strumenti per staccare gli occhi dagli schermi colorati e puntarli sulla vita che li circonda". Non crede si debbano coinvolgere anche le famiglie in questo progetto? "Credo proprio di sì, a fronte di tutto quello che ci siamo detti. Ma come dicevo, siamo al nastro di partenza. Le difficoltà e gli impegni non mancano. Proviamo a partire, senza darci limiti e senza precluderci alcun orizzonte. Ne va della salute e della buona vita di quelli che saranno gli adulti di domani".