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Latitante armato si barrica alle poste con quattro ostaggi. "Voglio parlare con Salvini", poi la resa

Francesco Amato è stato condannato nel processo "Aemilia"

Carlo Antini
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Si è arreso dopo sette ore di paura l'imputato condannato pochi giorni fa nel maxi-processo di 'ndrangheta "Aemilia", Francesco Amato, che si era asserragliato dentro l'ufficio postale di Pieve Modolena, quartiere di Reggio Emilia. L'uomo, condannato a 19 anni e 1 mese, era armato di coltello. Secondo la prima ricostruzione avrebbe preso in ostaggio quattro dipendenti, tra cui la direttrice, facendo uscire tutti i clienti. L'uomo aveva chiesto di parlare con il ministro dell'Interno, Matteo Salvini. In tarda mattinata una donna è stata liberata. Fuori dallo stabile la trattativa con le forze dell'ordine, che hanno chiuso le strade, è andata avanti per ore. "Ha fatto questo solo per chiedere giustizia, non per far male alle persone, per vedere se gli danno una condanna diversa", cosi' un cognato e una nipote di Francesco Amato giunti davanti all'ufficio postale di Pieve Modolana, nel Reggiano, dove l'uomo - condannato a 19 anni e un mese per associazione mafiosa nel processo Aemilia - stava tenendo in ostaggio 4 donne, tra cui la direttrice. Sul posto ci sarebbe anche il fratello dell'uomo. Secondo i parenti, quella di Amato sarebbe una protesta plateale contro una condanna pesante che ritiene ingiusta. "Vuole solo diminuita la pena - ha spiegato ancora il cognato - avere 19 anni sulle spalle una persona che non ha fatto nulla, fa bollire il sangue".

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