Vergogna Italia
Genova, caccia alle responsabilità: "Ponte crollato per la rottura di un tirante"
La rottura di uno strallo, uno dei tiranti in cemento armato che si stagliavano sul panorama genovese, "è un'ipotesi di lavoro seria". Così Antonio Brencich, docente dell'università di Genova e membro della commissione dei Trasporti e delle Infrastrutture che deve accertare le cause del crollo, ha risposto ai giornalisti a Genova. Brencich - che in passato aveva già lanciato l'allarme sulle tante criticità del viadotto progettato da Morandi - ha fatto un breve sopralluogo nella zona del ponte crollato ma non è voluto entrare nel merito del lavoro della commissione. "La voce che gira è che il collasso sia stato attivato dalla rottura di uno strallo ci sono testimonianze e video che vanno in questo senso". Che la causa del crollo del ponte di Genova possa essere stata "la rottura di uno strallo è un'ipotesi di lavoro seria ma dopo tre giorni è solo un'ipotesi", ha sottolineato Brencich. Il docente ha invece smentito che possa essere stato un eccesso di carico a provocare il crollo del ponte Morandi: "La pioggia, i tuoni, l'eccesso di carico sono ipotesi fantasiose - ha detto - che non vanno prese neanche in considerazione". Sequestrata l'area - La Procura di Genova intanto ha disposto il sequestro della parte superiore del ponte Morandi, cioè dei due monconi rimasti in piedi dopo il crollo della campata centrale del viadotto, lo scorso 14 agosto. Le macerie del ponte, come confermato dal procuratore capo Francesco Cozzi, verranno invece rimosse e trasferite in un’area attigua individuata dal Comune, il deposito Amiu di Campi, dove verranno sequestrate e analizzate dai periti nominati dalla Procura. Si tratta degli ingegneri Renato Buratti di Genova e Pier Giorgio Malerba di Milano, che sono già arrivati sul luogo della tragedia. I consulenti della Procura dovrebbero incontrare in queste ore i tecnici del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che si trovano già a Genova: per la loro relazione hanno chiesto almeno 60 giorni di tempo. Al momento, come confermato dalla Procura, non ci sono ancora iscrizioni nel registro degli indagati per la volontà della magistratura di individuare innanzitutto le possibili cause del crollo. I "triangoli di sopravvivenza" - Si scava ancora, intanto, alla disperata ricerca dei dispersi anche se di ora in ora le speranze di trovare qualcuno in vita sono sempre più esigue. Si spera nei cosiddetti "triangoli di sopravvivenza" per pensare che ci siano persone sotto i blocchi di cemento armato venuti giù con la campata centrale del ponte Morandi a Genova. A differenza di abitazioni in mattoni che in caso di terremoto vengono giù e seppelliscono sotto una massa di detriti, in strutture e manufatti complessi come quelli in cemento armato gli elementi tendono invece a disporsi creando zone prive di detriti. "Però bisogna individuarli, bisogna raggiungerli. Ancora non li abbiamo individuati". C’è speranza nelle parole di Stefano Zanut, architetto in forza al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e anche lui da giorni al lavoro nell’alveo in secca del torrente Polcevera per rimuovere l’enorme massa di blocchi di cemento armato. Non ci si ferma mai, anche se i giorni scorrono implacabilmente dal martedì maledetto. E si cerca ancora. "Quando finiremo? Non lo sappiamo, di certo sarà solo quando riusciremo a spostare l’ultimo sasso, l’ultimo elemento". E Vittorino De Giusti, altro vigile del fuoco, aggiunge: «Non ce ne andremo finchè non avremo visto fin sotto l’ultima pietra». È un ribadire la determinazione e la professionalità, ma anche l’abnegazione nel lavorare senza sosta, sotto il sole cocente o nella notte. Sono oltre 200 i vigili del fuoco impegnati a rotazione, ci sono le squadre USAR e le unità cinofile.