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Fini e i Tulliani a processo per riciclaggio

L'ex presidente della Camera Gianfranco Fini

Valeria Di Corrado
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Tutti insieme appassionatamente. L'ex presidente della Camera Gianfranco Fini, la sua compagna Elisabetta Tulliani, il cognato Giancarlo Tulliani e il suocero Sergio Tulliani si ritroveranno sul banco degli imputati con l'accusa di concorso in riciclaggio trasnazionale. Il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Roma Elvira Tamburelli li ha rinviati a giudizio, nell'ambito dell'inchiesta della Procura capitolina sulle presunte irregolarità che caratterizzarono una serie di operazioni finanziarie, a cominciare da quella legata all'appartamento di Montecarlo che i fratelli Tulliani acquistarono nel 2008 da Alleanza Nazionale al modico prezzo di 300 mila euro, utilizzando due società off-shore (la Printemps e la Timara); per poi rivenderlo nel 2015, intascando un milione e 360 mila euro. Il processo avrà inizio il prossimo 30 novembre davanti ai giudici della quarta sezione penale. Alla sbarra, insieme a Fini e famiglia (Giancarlo è ancora latitante a Dubai), ci sarà anche il "re delle slot" Francesco Corallo. L'imprenditore catanese è accusato di far parte di un'associazione a delinquere finalizzata al peculato, al riciclaggio e alla sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, insieme all'ex deputato del Pdl Amedeo Laboccetta, Alessandro La Monica e Arturo Vespignani, che si sono alternati al posto di Laboccetta come procuratori per l'Italia dell'Atlantis World Giocolegale Ltd (poi diventata B Plus Giocolegale Ltd e ora Global Starnet Ltd), e Rudolf Baetsen, braccio destro di Corallo. Secondo quanto sostenuto dal pm Barbara Sargenti, avrebbero trasferito, tra il 2008 e il 2014, "circa 150 milioni dai conti correnti della stabile organizzazione in Italia (Atlantis-B Plus Giocolegale) verso conti correnti inglesi di altre società del gruppo Corallo, e, successivamente, verso conti correnti di società offshore accesi a Sint Maarten, Curaçao e Santa Lucia", sempre riconducibili al "re delle slot", che poi li avrebbe reinvestiti acquistando immobili e casinò nelle Antille olandesi, appropriandosi di 85 milioni di euro: corrispondenti al mancato pagamento dei tributi erariali. I reati contestati agli indagati, secondo il gip Simonetta D'Alessandro (che aveva firmato l'ordinanza di custodia cautelare di dicembre 2016), “avrebbero connotato un'intera fase politica, toccando in profondità l'ordinamento economico dello Stato”. Sono crimini che descrivono i primi anni di vita (2004-2009) di una delle 12 imprese concessionarie del gioco legale, l'Atlantis World, “inserita in una macrostruttura criminale dedita a indirizzare flussi illeciti e sistematici di ingenti somme di denaro verso l'estero”, dapprima all'interno del gruppo e poi verso terzi completamente estranei, come la famiglia Tulliani. I finanzieri dello Scico sono riusciti a sequestrare a Corallo, in due tranche, beni per un valore complessivo di 187 milioni di euro, a fronte di un profitto illecito di 215 milioni accumulato dall'imprenditore catanese.

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