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Il Vaticano dice stop alle basiliche-night club

A novembre convegno Roma sui luoghi di culto dismessi

Daniele Di Mario
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Cin cin tra altari e reliquiari. È sos luoghi di culto dismessi: chiese non più chiese che si trasformano in pub, gelaterie, persino night club. Alla dismissione dei luoghi di culto e al loro nuovo destino sarà dedicata la due giorni di convegno a novembre (il 29 e il 30) che si svolgerà a Roma e che si avvale della collaborazione della Pontificia Università Gregoriana, del dicastero vaticano della Cultura e dell'Ufficio nazionale per i beni culturali ed ecclesiastici e l'edilizia di culto. Anche se non esistono statistiche puntuali, il fenomeno dismissione chiese, ha spiegato mons. Valerio Pennasso, direttore per la Cei dell'Ufficio che si occupa dell'edilizia di culto nel corso di una conferenza stampa in cui è stata presentata la due giorni, in Italia «è nell'ordine delle centinaia». Nel nostro Paese, ha spiegato, «65 mila chiese sono di proprietà delle parrocchie ma in totale sono circa 100 mila di proprietà di privati, demanio, regioni, comuni». I problemi maggiori, ha segnalato mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei nominato a capo dell'Apsa, arrivano quando «le chiese non appartengono più alle diocesi o alle parrocchie ma vengono cedute ai privati che ne fanno ciò che vogliono». Anche se i Vescovi da tempo chiedono che le chiese dismesse mantengano la loro aura di sacralità, non sono rari i casi in cui, ha spiegato il cardinale Gianfranco Ravasi, 'ministrò della Cultura del Vaticano, i luoghi di culto dismessi si trasformano in locali commerciali: «A volte diventano garage, gelaterie, pub. A Praga c'è addirittura una chiesa barocco-boema che è stata alienata e trasformata in un night club. Il fenomeno è da studiare in tutta la sua complessità». «Il problema della dismissione e riutilizzo dei luoghi di culto non è nuovo nella storia - ha spiegato il card. Ravasi - ma oggi si pone con più urgenza all'attenzione della Chiesa a causa della secolarizzazione avanzata della società e, al tempo stesso, per l'acquisizione di una maggior consapevolezza del valore storico-artistico e simbolico che l'edificio sacro e le opere d'arte in esso conservate possiedono». Ravasi e Galantino hanno analizzato anche le cause che portano alla dismissione dei luoghi di culto: «Motivazioni economiche per cui mancano soldi per mantenerli, problemi legati alla crisi di vocazione dei sacerdoti». La questione, ha aggiunto Galantino, «va affrontata anche da un punto di vista valoriale e pastorale, tenendo conto che le criticità si sono ampliate anche con i frequenti terremoti. Nel nostro Paese circa tremila chiese sono state danneggiate». Il punto è, ha osservato Ravasi, che una chiesa non dovrebbe mai perdere la sacralità: «E invece mi è capitato di entrare in chiese riadattate a salotti o trasformate in saloni da pranzo. Ma non si può perdere la matrice sacra!». La questione non riguarda naturalmente i ristretti confini, coinvolge le chiese di tutto il mondo. «Proprio ieri - ha segnalato ancora Ravasi - il vescovo di Bilbao, senza sapere del nostro convegno, mi diceva che il problema è molto sentito anche in Spagna dove oramai solo il 34% si battezza. Non c'è dubbio che siamo davanti ad un fenomeno culturale e pastorale di grande rilievo. C'è grande imbarazzo sul tema e spesso anche i parroci, davanti alle difficoltà, cedono a destinazioni delle chiese che nulla hanno a che vedere con il sacro». La due giorni di convegno 'Dio non abita più quì servirà ad ascoltare anche le comunità. «La situazione si è fatta pesante - dice Ottavio Bucarelli, docente della Pontificia Università Gregoriana -. È più che mai necessario che non si perda la dimensione del sacro anche quando il luogo di culto va in dismissione».

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