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La storia di Giuseppina licenziata dopo il cancro: i malati non si buttano via

Maria Grazia Coletti
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«Mi batto per il mio posto, perché per me il lavoro al Piccolo Cottolengo Don Orione di Milano è stato tutto e l'ho fatto per 33 anni con amore. Ma anche per tutti i malati che si trovano a essere "buttati via" e che subiscono una doppia sofferenza invece di essere aiutati ad andare avanti». Giuseppina, 53 anni, un tumore alle spalle, licenziata dalla struttura del capoluogo lombardo, si racconta. Il suo caso è stato denunciato dal Sindacato generale di base Sgb Lombardia nei giorni scorsi e ieri è partita una lettera appello indirizzata dalla donna a Papa Francesco, all'arcivescovo di Milano Mario Delpini e al direttore del Piccolo Cottolengo Don Orione, Pierluigi Ondei. Ed è proprio quest'ultimo ad aver risposto per primo alla missiva, riferisce Margherita Napoletano di Sgb Lombardia: «Ha detto che sta parlando con i suoi superiori per trovare una soluzione positiva. Vedremo. Per il momento le proposte arrivate alla lavoratrice non erano accettabili, cioè un part-time a 15 ore o 12 mensilità di buonuscita, considerato che le mancano 9 anni alla pensione». Anche perché, evidenzia Giuseppina all'AdnKronos Salute, «come farei ad andare avanti con solo 15 ore di part-time ed uno stipendio bassissimo?». Ad oggi, aggiunge Napoletano, «si è aperto un canale legale parallelamente a quello sindacale, si spera di trovare una soluzione quanto prima». Giuseppina, che è sposata e ha un figlio, si dice «amareggiata. Sto ricevendo l'affetto della mia famiglia, le mie sorelle sono al mio fianco in questa battaglia, mi segue il sindacato Sgb e l'avvocato Simonetta Ferro ed è loro che voglio ringraziare, i lavoratori hanno bisogno di queste persone». Diversi i messaggi da parte degli ammalati ospiti del Piccolo Cottolengo Don Orione, che Giuseppina accudiva. «Mi scrivono "Quando vieni?" - racconta - e io gli rispondo che sono ammalata. Silenzio invece dai miei colleghi». Alcuni dipendenti in realtà hanno scritto. Ma non per esprimere solidarietà a Giuseppina. C'è infatti una lettera che, secondo quanto si legge nel testo, «è stata redatta e firmata da 100 dipendenti sui 130 in turno nella giornata del 3 maggio», in cui i lavoratori della struttura esprimono «profonda amarezza» per «quanto riportato negli ultimi giorni dagli organi d'informazione sulla vicenda». La preoccupazione espressa dagli autori della lettera, inviata anche ai media, è che «il Piccolo Cottolengo di Don Orione» sia stato «portato agli onori della cronaca in modo infamante».  «Il Don Orione - scrivono - è una grande famiglia che ha sempre accolto noi lavoratori indipendentemente dalla nostra provenienza culturale e religiosa. Come in ogni famiglia ci sono momenti di difficoltà e di conflitto, ma sempre superati per il bene comune». «Ci siamo sempre sentiti tutelati come persone e come lavoratori», incalzano, e «non possiamo non riconoscere quanto è stato fatto negli anni dalla direzione per assicurarci, nonostante le nostre fragilità, una condizione lavorativa adeguata e dignitosa». Ma Giuseppina replica: «Non è il Don Orione che io contesto, ma una scelta dell'ufficio del personale. Il Don Orione accoglie le persone, non fa questo. Io sono cresciuta lì dentro, è stata la mia più grande famiglia, ho amato e amo il mio lavoro. Riguardo a quanto scritto in questa lettera anonima, io rispondo che non ho colpa, il danno lo hanno fatto a me, sono stata licenziata. E per questo andrò avanti». 

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