Milionari per caso
Eredita tre miliardi di lire. Niente cambio. E non è solo
Se la fortuna è cieca, la burocrazia ci vede benissimo. Lo ha capito bene il signor Luigi C., che dopo essere diventato miliardario ha scoperto che in realtà la sua fortuna non era altro che un mucchio di carta straccia, almeno secondo la Banca D’Italia e il ministero dell’Economia. Quella di Luigi è la storia dello «Zio D’America». È il desiderio che tutti hanno sognato almeno una volta: avere un parente lontano, magari sconosciuto, che un giorno lascia in eredità una fortuna. Troppo bello per essere vero, se si è italiani. Il signor Luigi ha 48 anni, lavora in banca e conduce una vita normale. Non ha genitori, ma oltre i confini, in Svizzera, aveva un nonno. Era un costruttore romano in pensione che aveva deciso di trasferirsi a Lugano. E lì custodiva una cassetta di sicurezza: all’Ubs, dove aveva anche un conto corrente. Gli anni passavano, il «nonno» era anziano e non prestava attenzione alle questioni italiane, figuriamoci alla querelle del cambio di banconote dalla lira all’euro. E nel luglio scorso era deceduto. Luigi così scoprì di esser l’unico erede del defunto. Aveva così rinvenuto le chiavi di una cassetta di sicurezza dell’Ubs di Lugano. Quindi a settembre aveva bussato alla porta dell’istituto di credito e aveva aperto la cassetta di sicurezza. Un sorriso si era plasmato sul volto dell’uomo: all’interno di quella cassetta, oltre a diversi titoli di Stato, c’erano numerose banconote. Tutte da 500 mila lire per un totale di quasi 3 miliardi del vecchio conio. Luigi deve aver alzato gli occhi al cielo. Era diventato miliardario, o almeno questo è quello che pensava. Non aveva perso tempo e aveva ritirato il prezioso bottino. Poi aveva sistemato le ultime cose, aveva fatto le valigie e con un spirito rinvigorito era tornato in Italia. A quel punto restava l’ultima formalità: andare in banca e far trasformare la lira in euro. L’uomo lavora per un istituto di credito e quindi sapeva dove recarsi: Banca d’Italia. E lì, in un attimo, lo stupore dovuto alla scoperta e la felicità dettata dalla prospettiva di una nuova vita avevano lasciato il posto all’amarezza. Perché la banca, seguendo le direttive del Ministero, aveva tuonato: il cambio «non s’ha da fare». Lo Stato infatti aveva fissato un termine decennale dall’entrata in vigore dell’euro entro il quale era possibile cambiare valuta. Quindi, considerando l’approvazione della moneta unica, chiunque aveva delle lire poteva cambiarle fino al 2012. E se fosse stato per Mario Monti, o meglio se la Corte Costituzionale non fosse intervenuta con apposita sentenza, i tempi sarebbero stati anticipati: dal 28 febbraio 2012 al 6 dicembre del 2011. Ma questa è un’altra storia. Perché il signor Luigi non ha alcuna intenzione di perdere quella fortuna a causa di una legge e dei cavilli burocratici che in altri stati europei non esistono. Ed è per questo che dopo essersi imbattuto nel sito www.fondazioneitalianarisparmiatori.it, assistito dai legali dell’associazione (che negli ultimi anni ha lavorato su una cinquantina di casi simili), è pronto a dar battaglia. Il 4 aprile scorso la Fondazione ha scritto a Bankitalia e riepilogando la vicenda ha specificato che «dell’esistenza di detta somma (circa 3 miliardi di lire ndr) lo stesso non aveva mai avuto, naturalmente, contezza prima di allora». Quindi invitano l’istituto «a prendere contatti con la scrivente Fondazione al fine di procedere alla conversione delle lire in euro in favore» del signor Luigi, «per un totale di euro 1.549.370,70, con l’avvertimento che in difetto ci vedremo costretti a porre in essere le opportune azioni a miglior tutela dei diritti del nostro assistito». E adesso la causa è alle porte, perché gli avvocati della Fondazione sostengono che, come dimostrato da diverse sentenza, «qualsiasi termine di prescrizione o decadenza decorre da quando il soggetto è posto in grado di far valere il proprio diritto, quindi nei casi in esame i dieci anni per il cambio lire/euro decorrono dal giorno del ritrovamento delle somme in lire». Insomma per Luigi non è detta l’ultima parola. Del resto cerca solo di avere ciò che ha ereditato legalmente dallo zio d’America, pardon: dal «nonno di Svizzera».