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Quelle ombre "russe" sul sequestro di Aldo Moro

Dallo strano universitario sovietico alla rete terroristica del Kgb. Tutti i punti mai chiariti e su cui non si è indagato

Manuel Fondato
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Aldo Moro non doveva uscire vivo dalla Prigione del Popolo, il Partito Comunista Italiano doveva invertire la rotta di un percorso, iniziato con il Compromesso Storico, che lo aveva avvicinato alle stanze dei bottoni. Queste considerazioni, nel 1978, andavano bene ugualmente al di là e al di qua della Cortina di Ferro. Gli Stati Uniti consideravano inaccettabile che un partito nell'orbita di Mosca potesse avere accesso a segreti e piani militari della Nato, i sovietici non gradivano che andasse al potere in quella maniera e con quell'alleato. Un segnale allarmante fu lo strano incidente occorso al segretario comunista, Enrico Berlinguer, l'altro attore dell'avvicinamento tra i primi due partiti italiani, durante una visita a Sofia del 1973. Un avvertimento dei servizi segreti fedeli al Patto di Varsavia che fu recepito, così come le minacce nemmeno troppo velate che ricevette il presidente della Democrazia Cristiana, sul cui sequestro l'ombra del KGB si staglia fin dalla sua fase embrionale. Come testimoniò il professor Franco Tritto, la cui voce affranta e commossa nel ricevere la telefonata del brigatista Valerio Morucci che gli comunica l'ubicazione del cadavere di colui che era il suo maestro all'Università... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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