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"Hanno finanziato la latitanza di Messina Denaro": dodici arresti a Trapani

Il volto di Matteo Messina Denaro secondo un'elaborazione delle forze dell'ordine

In manette anche il re dell'eolico Vito Nicastri

Davide Di Santo
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I vertici di due famiglie mafiose che avrebbero finanziato la latitanza del super boss Matteo Messina Denaro sono stati decapitati con un'operazione dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Trapani e del Ros insieme a personale della Dia, che ha portato a 12 arresti. Lo riferisce una nota della Dia. Tra gli arrestati, secondo quanto riferisce Repubblica, ci sarebbe anche l'imprenditore Vito Nicastri, il re degli impianti eolici nel centro-sud. Dalle prime luci dell'alba è scattata una vasta operazione con oltre 100 uomini per dare esecuzione alle 12 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip presso il Tribunale di Palermo, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della locale Procura della Repubblica. Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e favoreggiamento nonché fittizia intestazione di beni tutti reati aggravati dalle modalità mafiose. L'operazione ha permesso di individuare i nuovi colonnelli del boss Messina Denaro sul territorio - i capi delle famiglie di Vita e Salemi - ma anche altri gregari, piccoli e grandi, che finanziano e proteggono la sua latitanza. Gli arresti sono il frutto di un'inchiesta scattata nell'aprile del 2014 sotto il coordinamento della Dda di Palermo, che ha consentito di accertare una serie di condotte criminose di esponenti delle famiglie mafiose di Vita e Salemi, ritenuti favoreggiatori del boss. Gli arrestati, servendosi anche di professionisti nell'ambito di consulenze agricole e immobiliari, erano riusciti a realizzare investimenti a realizzare in colture innovative per la produzione di legname e in attività di ristorazione, attraverso società di fatto intestate a terzi. L'attività d'indagine svolta dagli inquirenti ha consentito di accertare che parte del denaro derivante dagli investimenti sarebbe stata destinata, dai vertici di cosa nostra trapanese, al mantenimento di Messina Denaro. Contestualmente sono stati posti in sequestro tre complessi aziendali, comprensivi dell'intero complesso immobiliare nonché dei relativi mezzi d'opera, fittiziamente intestate a terzi ma ritenute strumento per il perseguimento dei fini economici dell'organizzazione criminale.

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