dopo la tragedia
Cisterna di Latina, parla il fratello del carabiniere: «Ve lo giuro, non era un mostro..."
«Mio fratello non era un mostro. L’ho visto poco fa nella bara, ho visto le mie principesse. È uscito di testa, ha avuto 15 minuti di blackout». Gennaro Capasso, fratello maggiore di Luigi, è un uomo frastornato da una tragedia che lui stesso definisce «un fulmine a ciel sereno». Signor Capasso, spesso queste situazioni si commentano con il conforto della retorica: «Era una bravissima persona, nessuno se lo sarebbe mai aspettato». Nel caso di suo fratello, invece, com’è andata? «Sicuramente Luigi ha sofferto molto dopo la separazione, ma non lo faceva vedere. È iniziato tutto da quell’alterco il 4 settembre, davanti alla Findus, me lo ripeteva sempre. Antonietta se ne andò di casa per due giorni, fu ospitata da una collega che le presentò l’avvocato (Maria Concetta Belli ndr). Disse a mio fratello che, se se ne fosse andato spontaneamente, non lo avrebbe denunciato. E lui, con quel precedente (le truffe assicurative ndr) non si è messo a discutere. Ha chiesto di dormire in caserma, dove è rimasto fino all’ultimo». Fu allora che gli proposero un sostegno psicologico. È così? «Esatto, ma lui lo rifiutò semplicemente perché già si stava facendo aiutare. Quando poi si presentò al colloquio, una formalità per ottenere l’alloggio, risultò idoneo». Allora cosa ha armato suo fratello al punto da fargli commettere una strage? «Voleva tornare a casa e ha fatto di tutto per riuscirci. Non so se sia stato un marito pessimo, sicuramente era un ottimo padre e adorava le sue bambine. Quando Antonietta lavorava, era lui, se non in servizio, a guardare le figlie. Tutto questo terrore per il padre le mie nipoti non lo hanno mai avuto: le portava a danza, al cinema, faceva tutto quello che fanno i papà». Antonietta, però, aveva presentato più di un esposto per segnalare i comportamenti violenti e molesti di suo fratello. «Mia cognata è stata messa su dal suo avvocato. Che avrebbe dovuto o potuto tentare una riappacificazione tra i due, e invece non ha fatto altro che buttare alcol sul fuoco. Luigi le proponeva di vedersi, di parlare e lei non gli permetteva nemmeno di vedere le figlie. Il 29 marzo avrebbero avuto la giudiziale, mentre mio fratello cercava di intavolare una trattativa lei gli rispondeva che si sarebbero visti in tribunale. Era spaventato all’idea di perdere la casa che aveva comprato anni fa, di non vedere più Alessia e Martina. Gli è crollato il mondo addosso». Anche suo fratello presentò una querela, è così? «Quindici giorni fa, attraverso il suo avvocato, perché non ce la faceva più. Sono più grande di 8 anni, si è sempre confidato con me e ultimamente veniva spesso a Napoli: è stato qui fino a mercoledì scorso perché mio padre non sta bene. Sono separato anche io da 12 anni, la vita va avanti. Ma dietro a questa storia c’è parecchio». A cosa si riferisce? «A distruggerlo è stata la lontananza dalle figlie. Non voglio giustificarlo, ma sia Antonietta che il suo avvocato hanno gestito male questa situazione. Lo vedevano nervoso, avrebbero potuto lasciarlo con le bambine, invitarlo a casa un pomeriggio, fargli fare il padre. Anche l’ultima volta che è venuto da noi avrebbe voluto portarle e non gli è stato permesso. Eravamo una famiglia molto unita, da settembre mia cognata ci ha bloccati tutti. I nonni non vedevano più le nipoti, nemmeno a Natale, o per l’onomastico di Martina». Non pensa che Antonietta avesse paura, che suo fratello fosse diventato violento? «Ma quando mai. Avrebbe potuto chiamarci, parlare con noi per cercare di risolvere la situazione, per farlo ragionare. Magari avremmo potuto fare qualcosa...». A settembre però Luigi ha aggredito la moglie davanti ai suoi colleghi. «Mio fratello era geloso della moglie, ha visto qualcosa che non andava e ha fatto quello che non avrebbe dovuto fare. Ma la moglie non gli faceva nemmeno prendere i vestiti, Luigi andava in chiesa per vedere le bambine e ogni volta lei chiamava le forze dell’ordine. Ha saputo dell’altro esposto presentato da Antonietta per caso, quattro mesi dopo, quando i carabinieri si sono presentati al bar dove stava facendo colazione con un amico per chiedergli le generalità».