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In Italia c'è la ripresa ma cresce il rancore

Preoccupazione anche per i flussi migratori

Carlo Antini
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L'Italia? Un Paese che sta vivendo gradualmente la ripresa - gli indicatori economici lo certificano, i consumi stanno tornando ad essere il primato dello stile di vita degli italiani - ma è anche un Paese che si trascina dietro pesanti scorie derivanti da una lunga stagnazione socio-economica. Scorie che originano in chi è rimasto ancora indietro e non coinvolto nella ripresa, specie nel ceto popolare, una sorta di rancore e anche nostalgia della politica di un tempo, sfiduciando così tutti, istituzioni - dal governo centrale agli enti locali - comprese. Un Paese che guarda anche preoccupato ai flussi migratori da parte di chi è ancora indietro, un'Italia dove la paura del declassamento è diventato il fantasma sociale dei giorni nostri. In sintesi, un Paese invecchiato che fatica ad affacciarsi sullo stesso mare di un continente di giovani. E per l'appunto con una politica dal fiato corto, la cui unica preoccupazione sembra essere solo quella di inseguire senza sosta il quotidiano "mi piace", dove a farsi strada è unicamente la "personale verticalizzazione della presenza mediatica". Con il rischio molto concreto che la stessa politica e quindi i decisori restino imprigionati nella trappola del muoversi a tentoni, senza metodo e obiettivi, senza ascoltare e prevedere il lento, silenzioso, progredire del corpo sociale. È quasi impietosa l'analisi del Censis nel suo 51esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese, che appare e si mostra "impotente di fronte a cambiamenti climatici e a eventi catastrofici che chiedono grandi risorse e grande impegno collettivo". Un'Italia ferita dai crolli di scuole, ponti, abitazioni: ma non a causa della sola "rivincita" della natura spesso violata ma per "una scarsa cultura della manutenzione", quindi per responsabilità diretta dell'uomo.

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