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Arrestato il latitante Giancarlo Tulliani

Il cognato di Gianfranco Fini, Giancarlo Tulliani

Manda in galera la troupe di La7 e poi dentro ci finisce lui. Come nel 2010: non rispose a Chiocci, allertò gli agenti e poi scoppiò lo scandalo

Valeria Di Corrado e Andrea Ossino
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Quel lupo di Tulliani perde il pelo ma non il vizio. Invece di rispondere alle domande dei giornalisti, il cognato di Fini è ricascato nell'abitudine di chiamare la polizia. E dopo averla chiamata nel 2010 a Montecarlo per bloccare Gian Marco Chiocci, direttore del Tempo ma all'epoca inviato del Giornale (venne interrogato a lungo), stavolta Giancarlo Tulliani ci ha riprovato con la troupe della trasmissione di Giletti scesa a Dubai per intervistarlo. Questa volta, però, il «giochetto» non gli è riuscito e a finire in cella è stato proprio lui. L'arresto ha del tragicomico. Il fratello di Elisabetta è stato fermato giovedì dalle autorità di Dubai, in virtù del mandato di arresto internazionale, con l'accusa di riciclaggio, spiccato lo scorso 17 marzo dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Roma, Simonetta D'Alessandro. Tulliani è andato all'aeroporto di Dubai ad accompagnare la sua fidanzata che doveva prendere un volo per rientrare a Roma. L'interpol era stata allertata della possibilità che si trovasse quel giorno e a quell'ora nello scalo. Tuttavia, non è stata la polizia ad anda- re da lui, ma lui ad andare dalla polizia. Non perché avesse finalmente deciso di consegnarsi e mettere fine alla sua latitanza, ma perché infastidito da una «troupe» di La 7 che lo stava riprendendo per realizzare un servizio giornalistico, che andrà in onda domenica prossima all'interno della nuova trasmissione di Massimo Giletti «Non è l'arena». Giancarlino, assai infastidito, li ha denunciati alle forze dell'ordine, chiedendone l'arresto, per aver girato dei video all'interno dell'aeroporto. Il giornalista Daniele Bonistalli e il suo cameramen sono stati quindi fer- mati con l'accusa di spionaggio. Sono rimasti in una cella di sicurezza per circa otto ore. Per essere liberati avrebbero dovuto pagare 120 mila euro a testa di cauzione. Tulliani, gongolante, pensava di aver centrato il suo obiettivo, esattamente come aveva fatto nel 2010 quando Gian Marco Chiocci osò bussare alla sua porta in rue Princess Charlotte per chiedere delucidazioni sulla casa della contessa Colleoni, do- nata ad An «per una buona battaglia», eppoi finita incredibilmente nella disponibilità di Giancarlo e della compa- gna di Fini. Allora Chiocci subì un lungo interrogatorio da parte della polizia monegasca al termine del quale fu dichiarato «cittadino indesiderato» ed espulso dal Principato. L'intervento della polizia fu la prova che Tulliani aveva qualcosa da nascondere, e proprio da lì nacque la famosa inchiesta. Anche questa volta la smania da sceriffo si è ritorta contro il cognato di Fini. Mentre la «troupe» di La 7 veniva tenu- ta sotto torchio dagli investigatori, la polizia di Dubai ha fatto un controllo anche sul passaporto di Tulliani e ha scoperto che su di lui pendeva appunto un mandato di cattura internazionale. E così i ruoli si sono ribaltati: i giornalisti sono stati liberati e Giancar- lo è finito in cella. La presunzione di essere riuscito a gabbare le forze dell'ordine e la magistratura italiana, la sicurezza di aver conquistato una condizione di impunità con la sua fuga negli Emirati Arabi, l'hanno portato dritto dritto in galera. Credeva di esse- re più furbo degli altri, invece, con poca astuzia, il cognato di Fini è andato a mettersi nella bocca del leone, accecato dalla vendetta nei confronti dei giornalisti e convinto – probabilmente – di essere immune al corso della giustizia. Quella «divina», invece, si è accanita contro di lui: essendo stato arrestato a ridosso di un giorno festivo per i musulmani, Tulliani non ha potuto pagare la cauzione da 50 mila dollari che gli era stata chiesta per tornare a piede libero. Oggi, intanto, è prevista l'udienza di convalida del fermo davanti ai giudici di Dubai. «Poi si avvieranno le procedure di estradizione, al termine delle quali – ha spiegato il suo difensore, l'avvocato Titta Madia – le autorità locali potranno concedere o meno il suo trasferimento in Italia». Questo perché l'accordo sulle estradizioni con Dubai non è ancora stato ratificato in via definitiva dal nostro Parlamento. Tuttavia, l'emirato potrebbe decidere di velocizzare l'iter espellendo Tulliani in quanto persona «non gradita», lo stesso ben servito riservato a Chiocci. E così, per la legge del contrappasso, dopo 7 anni il cerchio si chiuderebbe. Intanto, venerdì prossimo, Giletti farà una conferenza stampa esplosiva. 

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