Delitto Noemi, il ministro Orlando invia gli ispettori
Noemi Durini poteva essere salvata? È l'angosciante interrogativo sospeso sul giallo della 16enne uccisa a Specchia dal fidanzato di un solo anno più grande di lei. Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha disposto accertamenti preliminari sul caso tramite l'Ispettorato di via Arenula. E anche la prima Commissione del Consiglio superiore della magistratura ha chiesto al comitato di presidenza l'apertura di una pratica: l'obiettivo è chiarire se ci siano state o no inerzie degli inquirenti in relazione alle denunce che la madre della ragazza, la signora Imma Rizzo, ha presentato alla Procura per i minori di Lecce sui comportamenti violenti del ragazzo. L.M., queste le iniziali del reo confesso, trasferito in una struttura protetta dopo aver rischiato il linciaggio della folla all'uscita dalla caserma dei carabinieri, ha fornito un'ennesima versione di quanto accaduto all'alba del 3 settembre: «Noemi voleva convincermi ad uccidere i miei genitori», ha raccontato alla pm Anna Carbonara, dopo aver sostenuto inizialmente di avere ucciso spinto dalla gelosia per la vita «troppo libera» condotta da Noemi. Il giovane di Alessano avrebbe anche affermato di aver commesso l'omicidio con un coltello, di proprietà di Noemi, che lei aveva portato con sé uscendo di casa: particolare, questo, confermato dal primo esame esterno, effettuato nella serata di ieri dal medico legale, che ha verificato la presenza sul corpo della giovane di coltellate e di numerosi segni di oggetti contundenti, compatibili però con il fatto che il cadavere è stato seppellito sotto le pietre di un muretto a secco. Di una cattiva influenza della vittima sul suo killer ha parlato, ai microfoni di «Chi l'ha visto», il padre del giovane, a sua volta indagato per concorso in occultamento di cadavere. Ma di certo c'è solo che L.M. aveva problemi legati all'uso di droghe leggere ed era stato segnalato più volte ai servizi sociali, oltre che denunciato dalla mamma di Noemi. «Tutti pensano che Noemi si sarebbe potuta salvare dalla violenza cieca del suo assassino, ma le istituzioni non hanno mosso un dito», è l'accusa del parroco di Specchia, don Antonio De Giorgi. «Non pensavamo di poter vivere nella nostra piccola comunità un evento del genere - ha ammesso - anche se con il passare dei giorni, delle ore, il timore cresceva insieme all'angoscia. La gente si chiede continuamente se si poteva fare qualcosa», ma «alla denuncia non è seguito niente». Per il capo della polizia, Franco Gabrielli, chiamato a parlare a Cagliari di violenza di genere nell'Aula del Consiglio regionale, anche quest'ultimo caso di cronaca «ci consegna l'aberrazione. Negli studi sul fenomeno non è stata individuata una particolare classe sociale o una caratterizzazione antropologica. È un fenomeno che riguarda trasversalmente tutte le classi sociali. Questo è un femminicidio compiuto da un ragazzo di 17 anni nei confronti di una giovane di 16 e questo ci spinge a non stancarci mai a interrogarci sul tema della formazione». Sul caso, e sul modo di trattarlo da parte dei media, sono intervenuti l'Ordine dei giornalisti della Puglia e il Comitato regionale per le comunicazioni. L'Ordine, «pur nel comprensibile coinvolgimento emotivo, invita tutti i colleghi ad osservare i doveri deontologici nell'esercizio del diritto di cronaca: cronache e immagini devono, in casi come questi, richiedere un supplemento di professionalità». Mentre il Comitato raccomanda a tutte le emittenti locali di garantire l'anonimato dei minori coinvolti nelle cronache.